Tensione tra Arabia Saudita e Iran: i veti incrociati fanno naufragare l’atteso accordo per un congelamento della produzione di greggio. L’oro nero registra il maggior ribasso da due mesi. Tokyo perde il 3,4% appesantita anche dai terremoti che hanno fatto vittime e danneggiato molte industrie
I Paesi produttori di petrolio, sia del cartello Opec che esterni ad esso, non hanno trovato un accordo per congelare la produzione e cercare di stabilizzare i prezzi: i mercati ne prendono atto, calano sia le quotazioni del greggio che i corsi azionari.
Lo stop alla crescita delle estrazioni era il minimo sindacale atteso dal vertice che si è tenuto ieri a Doha: sarebbe stato un segnale politico, perché dal punto di vista tecnico gli analisti erano unanimi nel sostenere che il congelamento non sarebbe bastato per ottenere un rialzo dei prezzi, per il quale sarebbe servito un taglio. Eppure neanche il risultato minimo è stato raggiunto e il mercato non poteva che prendere atto della tensione Arabia-Iran e della mancanza di coordinamento tra i colossi del greggio: l’oro nero ha segnato il maggior ribasso da due mesi, le valute dei Paesi esportatori si sono indebolite e i mercati azionari ne risentono di conseguenza. D’altra parte, come mostra il grafico, la correlazione tra azioni e petrolio è stata fortissima negli ultimi tempi e proprio l’ottimismo in vista di Doha (poi deluso) aveva innescato un recupero dei mercati globali.
I prezzi del petrolio sono dunque in calo sui mercati: il greggio Wti scende a 37,61 dollari al barile perdendo 2,7 dollari. Giù anche il Brent a 40,10 dollari. I listini europei aprono in netto ribasso: a Milano, Piazza Affari cede l’1,8% con i titoli del settore petrolifero quali Eni e Saipem a pagare il conto maggiore. Debole anche il settore bancario, reduce da una buona performance durante la scorsa settimana. In linea con Milano le altre Borse Ue: Londra perde l’1,1%, Francoforte l’1,2% e Parigi l’1,5%.
Sul fronte valutario, l’euro è stabile sul dollaro in avvio di settimana: la moneta unica è scambiata a 1,1284 contro il biglietto verde, mentre lo yen è trattato a quota 121,85. Leggero rialzo per lo spread tra Btp e Bund tedeschi: il differenziale di rendimento si porta sopra 120 punti base, il rendimento del decennale italiano è all’1,35%.
L’agenda della settimana è imperniata sulla riunione di giovedì della Banca centrale europea. Oggi, nel Vecchio continente, non si segnalano eventi di rilievo; l’attenzione in Italia è concentrata piuttosto sull’avvio delle audizioni (da Corte dei Conti a Bankitalia) sul Documento di economia e finanza. Negli Usa si attende invece l’indice Nahb sul mercato edilizio. Per quanto riguarda Piazza Affari, la società famosa per gli articolo sportivi, Technogym, ha comunicato che il prezzo per lo sbarco in Borsa, annunciato il mese scorso, sarà compreso fra 3 e 3,75 euro per azione: la società vale almeno 600 milioni.
In mattinata, la Borsa di Tokyo ha già pagato il conto di questa situazione perdendo il 3,4% con l’indice Nikkei: oltre alle turbolenze sul greggio, pesano il rafforzamento dello yen (che spaventa i settori industriali votati all’export) e anche la serie di terremoti nel Paese che che ha rallentato l’attività: Toyota, Honda, Sony e altre aziende sono state costrette a fermare le linee di produzione. Chiusura in calo anche per la Borsa di Shanghai, con l’indice Composite a 3.033,66 punti a -1,44%.
Wall Street riapre i battenti dopo un venerdì incerto: la Borsa americana è reduce dal calo frazionale del Dow Jones (-0,16%), che si è mosso come il Nasdaq. Nell’intera settimana, però, l’andamento è stato positivo: il Dow ha guadagnato l’1,8% – grazie a trimestrali sopra le attese – segnando la stessa variazione del listino tecnologico. L’oro, infine, è in rialzo sui mercati dopo il calo dello 0,7% della scorsa settimana. Il metallo prezioso guadagna lo 0,2% a 1.236,80 dollari l’oncia.
Repubblica