I veleni dell’Eni in Calabria, aziende ‘immacolate’ da Bisignano al patron del Crotone calcio

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La Prima Azienda Ad ‘Alzare La Voce’ Per Difendersi È La Ecosistem Di Lamezia Terme, Ma Ci Prova Anche La Mida Del Gruppo Vrenna.

eniNessuna violazione di legge o smaltimento illecito. Ci tengono a precisarlo, anche se la magistratura ha ormai acceso i riflettori sui loro impianti. L’amministratore delegato della Ecosistem Srl di Lamezia Terme Salvatore Mazzotta accusato di contribuire a far sversare i rifiuti speciali petroliferi dell’Eni grazie a codici di identificazione taroccati difende l’azienda. L’indagato Salvatore Mazzotta, interviene con alcuni chiarimenti in merito alle notizie diffuse dai media in relazione all’indagine denominata “Tempa rossa” affermando di avere il dovere “di intervenire sulla vicenda Eni Viggiano, intanto per ribadire la correttezza dell’operato della azienda che rappresento. E’ necessario inquadrare i fatti e le relative responsabilità dei soggetti coinvolti nell’indagine. Per quanto ci riguarda non c’è stata alcuna violazione di legge o smaltimento illecito. Mi preme a tal proposito precisare alcuni aspetti di primaria importanza: innanzitutto il codice al rifiuto lo attribuisce per legge il produttore e la pericolosità del rifiuto viene stabilita dalle analisi chimiche di caratterizzazione dello stesso effettuate dai laboratori su commissione del produttore; le analisi poi vengono successivamente verificate dagli impianti di destino finale secondo le procedure dei rispettivi Piani di monitoraggio e controllo. L’Ecosistem è nella fattispecie appaltatore-trasportatore. Per tale motivo sono pronto, fin da subito, ad offrire tutta la collaborazione alla magistratura nel cui operato confidiamo ed agli organi di controllo. Nel contempo non posso accettare che vengano infangate e diffamate la reputazione e la onorabilità di un’azienda, pluricertificata, che opera da oltre ventotto anni sul mercato, che rispetta l’ambiente, che da lavoro a centinai di persone e che non ha nulla da nascondere”. Per quanto riguarda invece la Mida del gruppo Vrenna riconducibile al presidente del Crotone Calcio Raffaele Vrenna anche in questo caso il direttore commerciale intende precisare che sono state, a suo dire, rispettate tutte le procedure previste dalla legge. Citata negli atti dell’inchiesta sullo smaltimento di rifiuti pericolosi dello stabilimento petrolifero potentino Cova di Viggiano per aver ‘acquisito’ oltre duemila e settecento tonnellate di liquami provenienti dagli scarti di lavorazione dal Centro Oli l’azienda prova a difendersi. Il gruppo Vrenna, titolare anche della discarica di Celico con la Mi. Ga., tenta di convincere i cittadini di non aver messo a repentaglio la salute del territorio. Nessun indagato crotonese tra i sei calabresi incastrati nello scandalo che ha portato alle dimissioni del ministro Federica Guidi allo Sviluppo Economico cui sottosegretario è ancora il cosentino Antonio Gentile del Nuovo Centrodestra. L’azienda nel ricordare di avere ottenuto altri appalti per smaltire anche attraverso l’utilizzo di inceneritori rifiuti speciali, industriali e sanitari in Basilicata e altre regioni d’Italia pare possiede tutte le autorizzazioni necessarie ad operare. Ciò che è stato smaltito per conto dell’Eni, sostiene il gruppo Vrenna, è stato trattato nel termovalorizzatore della Mida “un impianto progettato e costruito con le tecnologie più avanzate attualmente disponibili nel settore. Lavoriamo rifiuti speciali che non possono essere conferiti nelle discariche perchè non conformi ai criteri di ammissibilità e pertanto devono essere sottoposti a specifici trattamenti chimico-fisici per renderli idonei all’abbancamento finale in discarica. Il nostro impianto è funzionale al trattamento chimico-fisico e biologico dei rifiuti liquidi e fangosi caratterizzati dalla presenza di metalli pesanti. Si tratta di quantità infinitesimali rispetto a quelle smaltite in altri impianti anche calabresi. Abbiamo seguito tutte l eprocedure previste dalla normativa vigente ed abbiamo fatto verifiche. Il problema non va certo ricercato in quello che fanno gli impianti, ma più a monte da chi tali rifiuti li produce”. A Bisignano invece la Consuleco accusata di sversamenti sospetti dei liquiami provenienti dall’Eni di Viggiano nel proprio impianto non ha bisogno di difendersi. Ci pensa la politica. Sul caso il sindaco Umile Bisignano tornato sulla propria poltrona dopo aver scontato la condanna per concussione riguardo la gestione della Casa di riposo “Giglio” attaccando la minoranza ricorda di essersi attivato per segnalare il problema alla Direzione distrettuale Antimafia. “Questa amministrazione afferma – il primo cittadino – ha dovuto sopportare strumentalizzazioni politiche operate dalle opposizioni che con la scusa di difendere gli operai hanno perorato la causa della Consuleco incurante dell’ambiente e del territorio. A tal proposito mai nella mente dell’amministrazione è balenata l’idea di far perdere posti di lavoro. Agli stessi lavoratori oggi dovrebbe stare a cuore la loro stessa salute ed il territorio in cui vivono con le loro famiglie. Alle opposizioni ed ai capigurppo consiliari si chiede una presa di posizione chiara perchè non ci si può opporre alla piattaforma facendo perdere alla città tre milioni di euro e 60 posti di lavoro per poi soprassedere al depuratore. Dal nostro canto abbiamo già dato mandato ad un legale di verificare se anche Bisignano sia interessata dallo sversamento dei rifiuti Eni”.

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