Istat, l’Italia a due marce: la fiducia è dei consumatori e non delle imprese

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istat logoAltalena di sensazioni e di umori, è quello che accade quando le idee sono poche e anche confuse. Che i dati dell’economia reale siano contrastanti e contrastati è fuori di dubbio (condivisibile trasversalmente), anche che ci sia una sorta di “tenuta” è condivisibile, quello che rovina l’umore degli operatori è il confronto con altre economie, vicine e, nonostante “l’Unione”, concorrenti. Quindi accade che quando i consumatori hanno più fiducia, le imprese dicono che non c’è da fidarsi, e viceversa, quasi che l’uno si agganci al buonumore dell’altro, ma poiché le rilevazioni arrivano con un ritardo fisiologico, le risposte sono mai allineate e ecco che se a gennaio la fiducia delle imprese era in aumento quella dei consumatori a febbraio era in terreno negativo, e allora a marzo le imprese hanno fiducia negativa e vedrete ad aprile i consumatori torneranno nuovamente a perdere fiducia. Alla fine della girandola, i dati Istat del mese di marzo sono i seguennti: migliora la fiducia dei consumatori,cala invece quella delle imprese (cvd).
Dalla pubblicazione dell’Istat leggiamo che l’indice del clima di fiducia dei consumatori ha mostrato una lieve crescita, passando a 115 da 114,5 del mese precedente. Il dato è superiore alle aspettative del mercato che indicava 114 punti. Per quanto riguarda, invece, le imprese, l’indice composito del clima di fiducia si è attestato a 100,1 dai precedenti 103,2. “Le stime riferite alle componenti economica, corrente e futura del clima di fiducia dei consumatori sono salite (rispettivamente, a 142,9 da 141,8, a 111,1 da 110,7 e a 120,6 da 120,4), mentre la componente personale ha registrato una leggera flessione (a 105,7 da 105,8)”, si legge nella nota dell’Istat. Sono inoltre migliorati sia i giudizi sia le aspettative sull’attuale situazione economica del Paese (a -34 da -37 e a 5 da 4, rispettivamente). I giudizi sui prezzi nei passati 12 mesi e le attese nei prossimi 12 mesi sono scesi (a -36 da -26 e a -30 da -20). Non sono mutati rispetto al mese precedente le attese di disoccupazione (a 12 il saldo). Sul fronte delle imprese, il clima di fiducia è salito lievemente nella manifattura (a 102,2 da 102), mentreha evidenziato un calo nei servizi (a 103,2 da 106,5), nelle costruzioni (a 118,4 da 119,3) e nel commercio al dettaglio (a 104,9 da 106,8). Nelle imprese manifatturiere sono migliorati i giudizi sugli ordini (a -13 da -14), sono rimaste stabili le attese sulla produzione (a 9), mentre i giudizi sulle scorte sono passati a 4 da 3. Nelle costruzioni sono peggiorati i giudizi sugli ordini e/o piani di costruzione (a -37 da -35) e sono rimaste stabili le attese sull’occupazione (a -7). Nei servizi sono calati i giudizi e le attese sugli ordini (a -1 da 7 e a 2 da 7, i rispettivi saldi), sono invece migliorate le attese sull’andamento dell’economia italiana (a 7 da 5). Nel commercio al dettaglio è peggiorato il saldo dei giudizi sulle vendite correnti (a 5 da 13), è aumentato quello relativo alle attese sulle vendite future (a 28 da 19); in accumulo sono giudicate le scorte di magazzino (a 11 da 4). Ovviamente le interviste sono state effettuate prima degli attentati in cronaca, ma ormai abbiamo tutti la consapevolezza che influiscono minimamente sugli animi già depressi delle persone comuni. In conclusione, la realtà è che a colpi di stati d’animo non si conclude niente, ci vogliono i fatti, e i fatti “costano” soldi e sacrifici, elementi che chiunque sarebbe disposto a sostenere se ci fosse un obiettivo reale da raggiungere, obiettivo ormai inflazionato e poco credibile, al pari degli stati d’animo della gente reale agli eventi terroristici che non colpiscono il tappetino di casa.
Intelligonews