Le Borse internazionali proseguono per la loro strada, apparentemente incuranti dell’ondata di nuovo terrorismo che ha colpito l’Europa nella sua capitale, Bruxelles. I mercati azionari, come nota Bloomberg, sono ormai orientati verso un periodo di rialzi, con le dovute cautele visti i molteplici focolai di incertezza: 28 dei 63 maggiori indici mondiali si trovano in una fase di “bull maket”, un “mercato toro” caratterizzato da rialzi e aspettative positive. Altri dieci listini sono alle soglie di questa fase rialzista. Nonostante i continui elementi di preoccupazione, dunque, l’avvio di 2016 da shock, con il peggior gennaio degli ultimi sette anni, sembra alle spalle. Nella giornata di ieri, in effetti, gli attentati del Belgio hanno generato solo inizialmente delle ripercussioni in Borsa, con le azioni colpite e i beni rifugio acquistati; movimenti che si sono dissipati con l’incedere delle contrattazioni e l’avvio dell’operatività degli Usa. In questa “normalizzazione” della guerra del terrore nel Vecchio continente, anche per i mercati non si registrano più gli episodi – quali gli attentati a Londra del 2005 – capaci di generare veri e propri scossoni finanziari, che sarebbero comunque rientrati nel giro di qualche settimana. “Generalmente questi attacchi hanno solo un impatto di breve termine”, dice Chris Green all’agenzia finanziaria Usa. “Il faro degli investitori resta puntato sui fondamentali macro-economici e quel che conta per i mercati ora è la sostenibilità della crescita Usa e la stabilità della Cina”. I listini europei trattano così in prudente rialzo: Milano sale dello 0,4%, Parigi dello 0,7%, Francoforte aggiunge lo 0,9% e Londra lo 0,3% a tre mesi dal referendum sulla Brexit. Anche la Borsa di Bruxelles, dove si sono radunati i cittadini che hanno manifestato vicinanza alle famiglie delle vittime, è in rialzo di quasi un punto percentuale. A Piazza Affari, sono state temporaneamente sospese dalle negoziazioni, in attesa di comunicato, le azioni ordinarie di Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, e i relativi strumenti derivati: si attende la stretta finale per arrivare alla fusione tra i due istituti. Da monitorare Enel, che ha ufficializzato il piano per portare la fibra in 224 città con un investimento di 2,5 miliardi. Soffre invece Mediaset, che paga lo “stop” nel processo di vendita di Premium ai francesi di Vivendi nel giorno dopo i conti. Come accennato, alcuni piccoli segnali di tensione si sono letti nel rialzo di alcuni beni rifugio, quali le valute americane o giapponesi, nei confronti delle quali l’euro si porta in calo: la moneta unica europea viene scambiata a 1,1193 dollari rispetto agli 1,1216 dollari di ieri e a 125,9 yen da 126,01 yen. A differenza di ieri, però, l’oro (il porto sicuro degli investimenti per eccellenza) ritraccia questa mattina sui mercati internazionali: il metallo prezioso vale 1.231,92 dollari l’oncia con un calo dell’1,3%. Spread in lieve calo in avvio di giornata: il differenziale tra Btp e Bund è a quota 103 punti base contro i 104 della chiusura di ieri. Il rendimento è all’1,24%. In mattinata, l’Asia ha trattato debole in scia alla lieve correzione dei prezzi del petrolio, che avevano appena toccato i massimi da tre mesi e pagano anceh l’attesa per un aumento delle scorte americane. D’altra parte, anche l’indice Msci Asia Pacific era ai massimi dell’anno ed è normale che sia scattata qualche presa di beneficio. La Borsa di Tokyo ha chiuso così in moderato calo: -0,3% a 17.000,98 punti per il Nikkei, mentre il Topix ha ceduto lo 0,4% chiudendo a 1.364,20 punti. Situazione opposta a quella della vigilia, dunque, se si considera che invece le Piazze cinesi hanno tenuto il segno “più”: Shanghai ha guadagnato lo 0,35% a 3.010 punti e Shenzhen lo 0,95% a 10.442 punti. Chiusura contrastata, ieri sera, per la Borsa di Wall Street, con l’indice Dow Jones che cede lo 0,23% a 17.583 punti. Positivo, invece, il Nasdaq che chiude a quota 4.822 punti, in rialzo dello 0,27%. L’agenda macroeconomica odierna prevede per gli Usa le richieste di nuovi mutui, la vendita di case nuove e le scorte di petrolio. Scarica quella dell’Europa, ad eccezione dei salari contrattuali in Italia che segnano una crescita dello 0,1% a febbraio.
Raffaele Ricciardi, La Repubblica