E chi se ne frega, remedy dira’ il lettore che fortunatamente o casualmente leggera’ questa decisione lapidaria. Lasciatemelo dire, illness visto che, no rx dove ho avuto occasione di trovare questo tipo di caffetteria, mi ci sono sempre recato con simpatia e curiosita’. A New York come a Toronto e ad Amsterdam (posti in cui sono stato di recente con mia figlia di dieci anni che, anche lei, ha gradito i prodotti e i prezzi…. checche’ se ne dica rispetto ai bar nostrani), altrettanto avrei potuto fare nel primo locale italiano che sembra debba aprire a Milano e poi… sappiamo cosa significa il mercato. Ma cosa e’ successo? A Riyad, il primo Starcbucks che ha aperto, ha vietato l’ingresso alle donne; all’ingresso compare un cartello con scritto “Vietato l’ingresso alle donne, vi preghiamo di inviare il vostro autista a fare l’ordinazione”. E sembra, come apprendiamo dal quotidiano inglese The Independent, che tutto si ricolvera’, dopo apposita ispezione da parte della polizia religiosa, quando verra’ creato un “muro di segregazione” all’interno del locale (come in tutti gi altri locali pubblici del Regno). Certo, in Arabia Saudita alle donne e’ vietato guidare le automobili e per lavorare, viaggiare e sposarsi, le donne hanno bisogno dell’autorizzazione di un famigliare maschio. Non solo, ma la recente apertura a dicembre delle istituzioni parlamentari (si fa per dire…) alle donne, a parte il ristrettissimo numero di elette, fa registrare un’enorme difficolta’ delle stesse a svolgere il proprio mandato in virtu’ dei divieti d’accesso a questo quell’altro luogo o servizio di pura fruizi one maschile (e non stiamo parlando dei gabinetti…). E poi, li’ basta rubare qualcosa che ti tagliano le mani, o se vendi un po’ di marijuana finisci con la testa sotto la lama del boia. Quindi perche’ stupirsi? Perche’ forse e’ il caso di cominciare a farlo, dentro di noi, cosi’ come dovrebbe essere col petrolio che mantiene l’Isis e che sicuramente finisce anche nei serbatoi dei nostri autoveicoli. Qualcuno pensera’: ecco un altro fanatico come quelli che vogliono boicottare i ristoranti McDonald’s et similia. No. L’irriverente non vuole boicottare niente. Non vuole fare campagne o petizioni, anche perch’e e’ consapevole che il denaro non ha colore e cercare di cromatizzarlo comporterebbe solo una grande pernacchia da parte di molti (inclusi quelli che vendono armi alla solita Isis). Esiste un rigetto istantaneo che prende alcuni individui come quello -mio, di mia figlia e di qualcun altro- che, per esempio, di fronte ad un esercizio pubblico che all’ingresso mette la scritta “vietato l’ingresso ai cani”, fossimo anche senza cane, con la vescica che ci scoppia o con la gola arsa dopo che un’auto ci ha scaricato addosso le proprie emissioni… rigetto che ci fa andare diritti a cercare un qualche altro esercizio pubblico. Certo, il caffe’ di Starbucks e’ ancora, qualitativamente, una rarita’ nel nostro Stivale, e quando mediamente al bar chiedi un caffe’ americano ti danno, e ti fanno pagare anche piu’ di un classico espresso, una “ciofecha” che ti fa rimpiangere la risciacquatura dei piatti. Ma si vive anche senza il caffe’ americano di Starbucks, come si vive anche non guardando in faccia qualcuno che, mentre bevi un caffe’ o un té al bar, ti accarezza il cane e ti chiede informazioni su di lui. Con generoso ricambio da parte del quattrozampe. Piccoli gesti della nostra quotidianita’ che dovrebbero e potrebbero fare grande il mondo. Anche in considerazione che le principali direttive alle imprese in materia di diritti umani, pubblicate nel 2011 dalle Nazioni Unite ma non vincolanti, invitano le imprese stesse “a prendere in considerazione il rispetto dei diritti delle donne, come norma di condotta generale che deve riguardare tutte le imprese, dovunque esse siano”.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc