ArgoMoon è stato l’unico progetto selezionato dall’agenzia americana tra quelli proposti a livello europeo. Verrà utilizzato per un’esplorazione umana degli asteroidi e degli spazi vicino alla Luna, cure in vista di un futuro sbarco su Marte. A bordo di una navicella senza equipaggio, scatterà foto dello spazio profondo
Ci sarà anche un piccolo pezzo di Italia nella missione EM-1 della Nasa che prenderà il volo a marzo 2018. Sulla capsula di lancio saranno presenti 13 nanosatelliti, tra cui un gioiello di ingegneria progettato e realizzato a Torino, unico selezionato dalla Nasa a livello europeo. “Si tratta di un oggetto grande quanto una scatola da scarpe” sorride David Avino, project manager di Argotec, l’azienda che sviluppa componenti spaziali all’ombra della Mole. La piccola impresa si era già fatta notare durante la missione spaziale di Samantha Cristoforetti, quando si era aggiudicata la fornitura del bonus food , il cibo per le feste, e aveva portato il primo caffè espresso sulla Stazione Internazionale. “Durante la missione di prova del 2018, che si svolgerà senza equipaggio a bordo, potremo testare il funzionamento di ArgoMoon”, come è stato battezzato il dispositivo. Prima di tutto gli ingegneri, una dozzina di persone con età media di 29 anni, dovranno verificare che il satellite funzioni correttamente anche in ambito lunare, dove le forti radiazioni rendono l’ambiente ostile per l’elettronica. Di solito satelliti di questo tipo rimangono in orbita per un periodo variabile tra i 3 e i 6 mesi e ad un’orbita molto inferiore. La sfida di ArgoMoon è invece quella di restare operativo per almeno un anno. ArgoMoon scatterà anche una serie di foto ad alta risoluzione della missione e dei veicoli di lancio. Questo compito, racconta Avino, è particolarmente importante dal punto di vista della sicurezza. Per prevenire incidenti come quello accaduto allo Space Shuttle Columbia nel 2003, in cui persero la vita tutti i sette membri dell’equipaggio, è infatti necessario monitorare costantemente, anche attraverso immagini e filmati, tutti i componenti dei mezzi spaziali. “Per la prima volta un satellite fotograferà il veicolo di lancio e potrà quindi segnalare qualsiasi problema in tempo reale”, prosegue Avino. Sarà anche la prima volta che un oggetto tanto piccolo riuscirà a spingersi tanto lontano e a scattare foto. ArgoMoon sarà rilasciato a circa 27 mila chilometri dalla Terra e si immetterà in un’orbita translunare. Infine, su ArgoMoon ci sarà anche un nuovo sistema di comunicazione tra il satellite e la Terra, che in futuro cambierà il modo di trasmettere messaggi dal nostro pianeta allo spazio, anche quello più remoto. Le dimensioni contenute dell’oggetto rappresentano a loro volta un’innovazione. “Anche per i componenti spaziali sta succedendo quello che già vediamo con i cellulari o i computer. Miniaturizzando la tecnologia si possono abbattere i costi e migliorare le prestazioni”. Avino si riferisce alla possibilità di utilizzare sistemi simili ad ArgoMoon come dei veri e propri droni spaziali, in grado di catturare immagini dal molto in alto. “Si potranno osservare le variazioni della morfologia del territorio, o i pozzi petroliferi. In caso di incendio, potremo controllare la situazione da una posizione ottimale”, racconta. La ricerca scientifica che nasce per lo spazio avrà quindi delle ricadute anche sulla Terra. Lo stesso era già successo con il cibo spaziale, che oggi viene venduto anche in particolari contesti, come le gare sportive ad alta resistenza.
di Viola Bachini e Michela Perrone “L’Espresso“