Viene sottoposto oggi al Senato il nono decreto ILVA, ask con cui si dà tempo fino al 10 febbraio prossimo per presentare manifestazioni d’interesse all’acquisto da parte di gruppi privati. “Si vuole vendere un’azienda che la gestione fallimentare dei Riva, cui era stata praticamente regalata dai precedenti governi, ha reso tecnologicamente obsoleta e altamente inquinante – osserva Emidia Papi, dell’Esecutivo nazionale USB – e cosa pensate faranno i privati che decideranno di partecipare al bando d’acquisto? Spenderanno soldi per risanare e garantire l’occupazione o si approprieranno delle produzioni economicamente appetibili, come l’area a freddo, e del mercato finora coperto dall’ILVA, licenziando migliaia di dipendenti?”. Ricorda la dirigente USB: “È di oggi poi la notizia che Bruno Ferrante, ex prefetto di Milano ed uno dei primi commissari ILVA, è indagato per bancarotta insieme ad alcuni componenti della famiglia Riva in uno dei filoni d’indagine aperto dalla Procura di Milano. Mentre la scorsa settimana non è durata nemmeno un giorno la nomina a direttore generale, con il compito di gestire il programma di vendita degli stabilimenti, di Marco Pucci, ex manager della Thyssen Krupp, a causa della sua condanna nel processo d’appello per il rogo alla Thyssen, dove morirono sette lavoratori”. Prosegue Papi: “Basterebbe solo questo per capire quanto siano improvvisate e confuse le decisioni del Governo, dopo tre anni di commissariamento che non hanno prodotto altro che sperpero di tre miliardi di denaro pubblico da usare, quanto meno, per rendere meno pericoloso lo stabilimento di Taranto per la salute di tutti”. “A Taranto, tra due mesi, i lavoratori in solidarietà riceveranno buste paga tagliate di oltre 300 ero mensili a causa delle nuove norme sugli ammortizzatori sociali – evidenzia la sindacalista – mentre già si sono concluse 136 procedure di licenziamento per centinaia di dipendenti dell’indotto. Intanto a Genova i lavoratori, cui va tutta la nostra solidarietà attiva, lottano per costringere il Governo a mantenere gli impegni presi con l’accordo di programma del 2005, che prevede il mantenimento dei livelli occupazionali di quel sito”. “Bisogna fermare i progetti del Governo – conclude Emidia Papi – e l’unica soluzione praticabile è il ritorno in mano pubblica dell’ILVA, con l’intervento non minoritario della Cassa Depositi e Prestiti. La nazionalizzazione rimane l’unica soluzione possibile, anche se questo dovesse costarci un duro confronto con quella Commissione Europea che in nome del liberismo, delle privatizzazioni, dei mercati finanziari e dei tagli ai bilanci statali sta gettando nella povertà milioni di cittadini europei”.