PokerStars, accordo con l’Erario da 5,9 mln. Il Fisco e le armi spuntate sugli affari ‘immateriali’

Share

Il portale del gaming online trova un accordo, sick ma la richiesta iniziale era di 300 milioni di euro

PokerStarsMILANO – PokerStars risolve le sue pendenze con il Fisco italiano versando 5,9 milioni: una soluzione vantaggiosa per l’azienda, se si considera che le richieste iniziali di Gdf ed Entrate puntavano alla bellezza di 300 milioni di euro, grossomodo l’assegno recentemente staccato da Apple per sistemare la sua posizione in Italia. Proprio l’entusiasmo suscitato dalla vicenda della società degli iPhone, cui potrebbe far seguito Google, viene in parte ridimensionato dalla vicenda del sito di giochi, che svela quanto – in alcuni ambiti – le armi delle Autorità fiscali siano ancora spuntate, in particolare nei confronti dei nuovi business.
Ma andiamo con ordine. La vicenda di PokerStars affonda le radici nel 2011, quando le Autorità italiane disposero un sequestro sui conti correnti del portale di giochi online, parte ora del gruppo internazionale Amaya, quotato sul Nasdaq. Per la Procura e le Fiamme Gialle, il portale aveva sì l’autorizzazione a raccoglier scommesse nella Penisola, ma si trovava in posizione irregolare non versando imposte all’Erario tricolore. Nel mirino è finita la ‘stabile organizzazione’ in Italia del portale. Una locuzione che – fuori dai tecnicismi – disegna il principio per il quale si devono versare le imposte nel Paese dove si hanno mezzi, risorse umane, una rete d’affari. A questo, si è aggiunta l’ipotesi di esterovestizione delle società del gruppo, attraverso le quali il portale gestiva l’attività in Italia: erano domiciliate a Malta e nell’Isola di Man, sebbene il legame con la Penisola fosse certificato anche da campagne pubblicitarie che hanno avuto come protagonista l’azzurro portiere della Nazionale, Gigi Buffon.
Su questo primo contenzioso, in particolare per la sua valenza penale, si è innestata una sentenza della Corte di Cassazione, che nel 2014 (numero 1811) ha di fatto dato ragione a PokerStars disponendo l’annullamento dei sequestri. In sostanza, quella decisione ha sancito l’incompatibilità del concetto di ‘stabile organizzazione’ con quello del ‘business immateriale’, che è proprio quell’attività intangibile che caratterizza un portale di giochi online. Non a caso, la legge di Stabilità per il 2016 ha provato a ovviare a questa situazione. Ma lo ha fatto soltanto in parte, perché ha introdotto una procedura che accerta la stabile organizzazione di un’azienda di giochi, in caso di raccolta delle scommesse per mezzo dei centri di trasmissione dati (quindi centri ‘fisici’). Una via di mezzo che ancora non incide sul problema di quegli operatori ‘immateriali’, come PokerStars. Tornando al caso portale, la pronuncia della Corte ha spuntato di fatto le armi al Fisco. Il contenzioso si è così spostato sul tema del transfer pricing, cioè i prezzi che le società del gruppo applicano tra di loro per la cessione di beni e servizi. Un terreno scivoloso, che diventa una vera e propria occasione di pianificazione fiscale per le grandi multinazionali, che vendendo servizi tra le loro controllate riescono a spostare gli utili laddove è più conveniente. Sulla base delle contestazioni riformulate in quest’ambito, le Entrate hanno fatto partire la richiesta-monstre di rientrare di 300 milioni di euro, di cui 85 per mancato versamento di imposte e la parte restante tra sanzioni e interessi. Le trattative con l’azienda sono durate una decina di mesi. A differenza di quanto avvenuto per Apple, dove la stabile presenza era giustificata da un rete di vendita e da tutto quel che comporta il commercio di ‘beni materiali’, nella vicenda di PokerStars la bilancia ha pesato dalla parte della società. E, in effetti, il costo finale dell’accordo è stato ben vantaggioso per Amaya, assistita nella transazione dai legali di Dla Piper con il team di fiscalisti composto da Tomassini, Montinari, Iaselli, che dichiarano: “Dopo una trattativa di alcuni mesi con l’Agenzia delle Entrate sulla corretta determinazione del transfer pricing, è stato raggiunto un accordo soddisfacente, in un settore caratterizzato da notevole incertezza”.

di Raffaele Ricciardi “Repubblica”