E’ scoppiata una battaglia feroce tra i due uomini più potenti del colosso automobilistico tedesco. L’erede di Ferdinand Porsche di nuovo contro un suo manager, treatment che questa volta risponde per le rime: “Non lascio il casato”. E a sorpresa i sindacati e la politica si schierano con l’amministratore delegato
(dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI, health Repubblica)
BERLINO – Qualche giornale e sito tedesco parla già di Goetterdaemmerung, crepuscolo degli dèi, e i toni wagneriani non sembrano esagerati. E’ esplosa una lotta all’ultimo sangue al vertice del gruppo Volkswagen, prima casa automobilistica europea e in corsia di sorpasso per lasciarsi dietro Gm e Toyota. E’ una guerra per il potere da cui con molte probabilità potranno uscire soltanto un vincitore e un vinto. E per la prima volta il potentissimo patriarca del colosso tedesco, Ferdinand Piech, che ha iniziato le ostilità, non appare sicuro della vittoria. Il potente sindacato IgMetall e i poteri politici gli sono contro.
Tutto è cominciato venerdì con dichiarazioni di Piech rilanciate da Spiegel online: “Ho preso le mie distanze da Martin Winterkorn” (l’amministratore delegato del gruppo, ndr). Un modo durissimo per scaricare un ad che non è più nelle sue grazie. E non è certo la prima volta che Piech prima promuove, poi licenzia senza pietà un ceo. Lo ha fatto, l’ultima volta, con Bernd Pischetsrieder, che pochi anni prima aveva strappato a Bmw.
Nipote ed erede del fondatore del casato, il leggendario ingegner Ferdinand Porsche che inventò il Maggiolino, vincitore in ogni scontro sia al vertice aziendale sia con il ramo rivale del casato, guidato da Wolfgang Porsche, l’anziano ma infaticabile gentiluomo austriaco appariva finora invincibile. L’anno scorso aveva anche piazzato sua moglie Ursula nel consiglio di sorveglianza, imponendola a forti e diffuse resistenze.
Questa volta come al solito Piech accusa l’ad di turno per ogni problema del gruppo, pur se i media tedeschi notano che egli ha sempre avallato le scelte. In particolare, Volkswagen (come marchio madre, escludendo cioè i brand premium quali Porsche e Audi) va male sul mercato americano. Non riesce a ridurre i costi abbastanza velocemente. E ha un margine di profitto troppo inferiore a quelli di Bmw e Mercedes.
Quel che forse Piech non aveva previsto, è la dura replica di Winterkorn: “Io non mi lascio cacciare dalla Corte, e non sono un tipo che getta la spugna”, egli ha detto. Lasciando ai suoi portavoce ricordare i lati positivi della sua gestione, dal 2007 a oggi: vendite salite da 6,2 milioni di auto l’anno (stiamo parlando di tutti gli undici marchi), fatturato salito da 109 a 202 miliardi, aumento degli utili del 280 per cento, assorbimento totale di Porsche e dei due produttori di autotreni Scania e Man, gli unici in grado di fare concorrenza a Mercedes nel mercato dei Tir mondiale.
E a sorpresa, Winterkorn non è stato lasciato solo. Al suo fianco si sono schierati dapprima il sindacato, guidato dal potentissimo leader dei consigli di fabbrica Bernd Osterloh (e come si sa la IgMetall siede nel consiglio, contro di lei non decidi nulla) poi il governo della Bassa Sassonia, che ha in mano la golden share del gruppo. Senza il consenso del governatore di Hannover e della centrale operaia, Piech non può farcela a imporre la cacciata di Winterkorn. La guerra infuria, vedremo come continuerà e chi vincerà ai piani alti dell’azienda considerata in Italia e altrove da un lato punto di riferimento o modello per i produttori d’auto di massa, dall’altro concorrente più problematico per tutti gli altri costruttori europei, compresa ma non solo Fca. Sia un autunno del patriarca, insomma una sconfitta di Piech, sia un successo del suo golpe, potrebbero aprire crepe nel bastione di Wolfsburg.