La fine del segreto bancario, advice le traversie del franco e il quadro regolatorio più stringente non hanno impatti sui capitali gestiti dagli istituti svizzeri: +14% durante l’anno scorso. Dietro ci sono Regno Unito e Usa. Boom per Hong Kong, stuff perdono fascino Panama e i Caraibi
(di FRANCO ZANTONELLI, healing Repubblica)
Svizzera sempre più la cassaforte del mondo: custodisce 2040 miliardiLUGANO – “Nonostante tutti gli schiaffi che ti sei preso hai sempre una buona cera”. Sembrerebbe calzare a pennello per la piazza finanziaria svizzera, che si conferma in ottima salute benché abbia dovuto fronteggiare traversie non indifferenti, la vecchia gag dei Brutos risalente al mitico Carosello. In effetti, stando ai dati diffusi dalla società di revisione Deloitte, le banche elvetiche anche nel 2014 sono risultate nettamente in testa a livello planetario in quanto all’ammontare dei capitali gestiti. Stiamo parlando di 2040 miliardi di dollari, con un aumento del 14 per cento, rispetto al 2013. E’ come se nel suo scrigno, Berna tenesse tutto il debito italiano quotato. Seguono, al secondo posto, gli istituti di credito del Regno Unito, con 1700 miliardi, mentre quelli americani figurano al terzo, con 1440 miliardi.
Da rilevare che, pure i britannici che gli americani, hanno visto aumentare il totale dei capitali in gestione. I primi del 13 per cento, i secondi del 28. Ben più consistente, per contro, la crescita della piazza di Hong Kong, che con 640 miliardi registra un incremento del 142 per cento. Tornando alla Svizzera, dopo l’emorragia di miliardi per le multe pagate negli Stati Uniti e in Francia, l’assottigliamento di depositi in seguito all’abbandono del segreto bancario e alla conseguente regolarizzazione dei depositi di molti clienti esteri, il risultato certificato da Deloitte sembra quasi sorprendente.
“In realtà non lo è, in quanto le banche elvetiche hanno proseguito, pure lo scorso anno, la loro penetrazione in Asia e Nordamerica, ovvero nelle zone che producono più ricchezza”, spiega il professor Giovanni Barone Adesi, docente di Finanza all’Università della Svizzera Italiana di Lugano. Stiamo parlando di capitali puliti? “Assolutamente sì, perché le banche svizzere hanno orma, rinunciato del tutto al nero, dopo le pesanti lezioni impartite loro dalla giustizia statunitense”.
A parte Hong Kong, rivolta prioritariamente al mercato cinese, una piazza che potrebbe competere con la Svizzera è Singapore, dove pure l’aumento di capitali gestiti dagli istituti locali è cresciuto, nel 2014, del 25 per cento, raggiungendo i 450 miliardi di dollari. Che ne pensa? “Penso che abbia ragione, però deve tenere conto che, a Singapore, le due principali banche sono Ubs e Credit Suisse”. Va considerato, inoltre, che Singapore così come la Svizzera ha deciso di rifiutare i capitali non dichiarati al fisco. Quindi gli evasori sono pregati di stare distanti anche dalla città-Stato del sud-est asiatico.
In particolare a Panama e nei Caraibi, dove tuttavia i dati di Deloitte indicano una flessione del 47 per cento dei soldi in deposito. Intanto, per mantenere il proprio primato, alla Svizzera toccherà superare un’altra sfida, quella del franco forte e dell’euro debole. Molte banche, infatti, si sono ritrovate meno gonfie di soldi dopo che, il 15 gennaio, l’istituto di emissione elvetico ha deciso di abbandonare il cambio fisso tra la valuta comunitaria è quella svizzera, introdotta nel 2011 per evitare che quest’ultima si apprezzasse troppo