(di Giuliano Balestrieri, sickness La Repubblica) Sulle Borse prevale la cautela dopo l’entusiasmo innescato ieri dalle parole di Draghi, buy che apre a un nuovo alleggerimento monetario: nessuna decisione, però, verrà presa prima della riunione del 22 gennaio. Oggi si guarda ai dati sul lavoro negli Stati Uniti: gli analisti prevedono un calo della disoccupazione.- I mercati ritracciano dopo il rally della vigilia in attesa dei dati sull’occupazione in arrivo dagli Stati Uniti nel primo pomeriggio. Tra gli investitori c’è la convinzione che la Banca centrale europea a fine mese lanci un piano di allentamento monetario e che la Federal Reserve non abbia fretta di alzare i tassi. D’altra parte, ieri, Mario Draghi ha fatto sapere che le misure non convenzionali studiate dalla Bce potrebbero contemplare l’acquisto di diverse attività, tra le quali i titoli di Stato. La strada fino al 22 gennaio, data della riunione dell’Eurotower, però è lunga e l’economia del Vecchio continente continua a lanciare segnali di insofferenza. Sullo sfondo, poi, resta la crisi greca: Atene tornerà alle urne il prossimo 25 gennaio per eleggere il nuovo Parlamento, in testa a tutti i sondaggi c’è la sinistra di Syriza, guidata da Alexis Tsipras.
Come detto, in attesa dei dati sull’occupazione in America, continua a preoccupare la situazione del Vecchio continente. In Germania è calata a sorpresa la produzione industriale che ha segnato un -0,1% a novembre su ottobre contro il +0,3% stimato dagli analisti: su base annua la contrazione è dello 0,5%. In discesa anche il surplus della bilancia commerciale sceso a 17,7 miliardi di euro a causa di un calo delle esportazioni e una crescita delle importazioni. In Francia, invece, il deficit della bilancia commerciale si è leggermente ridotto a novembre, a 3,2 miliardi di euro contro i 4,3 miliardi (cifra rivista) in ottobre. Da segnalare anche il peggioramento del deficit, in Italia, che nel terzo trimestre è salito al 3,5% del Pil. In Gran Bretagna, produzione industriale di novembre ha registrato il +0,1% mensile e +1,1% annuo, mentre in Spagna si è contratta dello 0,1% sui dodici mesi.
I segni di rallentamento dell’economia, però, non si limitano all’Europa. Dopo l’entrata in deflazione dell’Eurozona, anche la Cina si mostra più debole del previsto: l’inflazione è scesa all’1,5% annuale e a +0,3% mensile a dicembre, vicino a un minimo da 5 anni. In calo del 3,3% l’indice annuale dei prezzi alla produzione, che arretra dello 0,6% mensile. Nel 2014 l’indice del prezzi al consumo si attesta al 2%, contro il 3,5% previsto dal governo. I dati sull’inflazione rafforzano le aspettative di nuovi allentamenti monetari.
L’euro recupera leggermente dopo i minimi da nove anni a 1,754 dollari: la moneta unica torna sopra la soglia di 1,18 dollari, in attesa delle prossime mosse della Bce. Il cambio con lo yen è stabile poco sotto quota 141. Deboli i mercati europei: Piazza Affari apre in rosso, poi recupera la parità. Londra resta in perdita dello 0,15%, in linea con Francoforte, mentre Parigi è invariata. Sotto i riflettori del listino milanese c’è Mps: il titolo è pesante dopo la smentita di un possibile interesse da parte del Santander. La banca senese ha stoppato ogni commento sulle richieste della Bce, ma ha spiegato che la richiesta dell’Eurotower è di un CET1 ratio (indice di capitalizzazione) al 14,3% dopo il piano di rafforzamento. In generale, è tutto il comparto bancario a soffrire a Milano. Lo spread è stabile in area 135 punti base, con i Btp che rendono l’1,87%.
In mattinata, la Borsa di Tokyo ha terminato gli scambi limando i guadagni iniziali, alimentati dalla propsettiva che la Bce possa allentare ulteriormente la politica monetaria e dall’ottimismo sull’economia Usa, fino a ridurli a un +0,18%, in attesa della diffusione dei dati sull’occupazione statunitense. Ieri sera, intanto, per il secondo giorno di fila Wall Street hanno chiuso in rialzo grazie alla stabilizzazione del petrolio e alla fiducia degli investitori nelle banche centrali. Il rally ha permesso agli indici americani di portare in positivo il bilancio da inizio anno: ieri il Dow Jones ieri è salito dell’1,8%, l’S&P 500 ha aggiunto l’1,79% e il Nasdaq l’1,84%.
Nel frattempo, risale dai minimi il petrolio: il greggio Wti segna un aumento di 82 centesimi a 49,61 dollari mentre il Brent avanza dello 0,19% a 51,4 dollari. Oro in crescita sui mercati sulle attese delle mosse della Bce che dovrebbe a fine mese lanciare il quantitative easing. Il metallo con consegna immediata sale dello 0,31% a 1212 dollari l’oncia.