SUPERKASIA
LA RAGAZZA CHE FA GIRARE LA TESTA AI PRETI E A BATISTUTA
(di Cesare Lanza per Capital, maggio 2003) Con la vecchia scusa del ritardo di un aereo, mi ha bruciato un appuntamento, il giorno dopo arriva con mezz’ora di ritardo, quando sono in procinto di andarmene, con la scusa ancora più fastidiosa del traffico romano.
Con acidità, l’accolgo bofonchiando una battuta sulle ragazze che cominciano a diveggiare, al primo successo: prima regola, arrivare sempre in ritardo.
Mi guarda come se le avessi tirato uno schiaffo: “Ma io non sono una diva…!” Ha uno sguardo da cerbiatta, l’incazzatura mi passa all’istante. Mi ritrovo davanti una faccetta acqua e sapone, una ragazzina vestita ultra casual, ben diversa dalla maliarda seduttiva, che ci ha conquistato in alcuni messaggi pubblicitari, in tivu.
Si chiama Kasia Smutniak. Polacca, nata a Varsavia 24 anni fa, segno astrologico leone, figlia unica di un generale dell’aviazione: è pilota di aliante con brevetto di terzo grado, appassionata di barca a vela e tiro al bersaglio, sci e pattinaggio sul ghiaccio, ballerina di danza classica e moderna, tifosa dell’Inter. Prima fotomodella, da due anni attrice. Il suo successo è esploso grazie agli spot come testimonial di Tim: tra gli altri, la sposa che fugge dall’altare, la fotoreporter per caso, la nipote di una nonnina molto arzilla, la fan del calciatore Gabriel Batistuta…
Un successo così improvviso è un evento raro: come ti sei accorta che Qualcosa per te era cambiato, e di colpo?
“E’ stato un piccolo choc. Tutto si è acceso dopo l’uscita del sesto spot, quello col prete. Per un mese, girando un film, ero rimasta quasi segregata dal resto del mondo. Poi, un giorno sono uscita per strada, qui a Roma, un sabato pomeriggio in via del Corso: la gente mi riconosceva, mi fermava, molti chiedevano un autografo, volevano scattare fotografie. Sensazioni piacevoli: ho capito che c’era stata una svolta.”
Una svolta importante anche nel lavoro. Offerte a cascata, tre film in uscita o in lavorazione.
“E’ vero, un momento d’oro. Un film forse va a Venezia. E poi il piacere di lavorare con partner che tutti vorrebbero: Raul Bova, Giancarlo Giannini.”
E la necessità di scegliere e rinunciare, anziché inseguire e conquistare.
“Sì. Una rivoluzione nella mia vita. E io sono curiosa e vorace. Non rinuncerei a nulla. Prenderei tutto, tutto! Mi dispiace rinunciare a una opportunità, a una esperienza nuova e diversa. Ma manca il tempo. Una volta ne avevo tanto, adesso tutto vola, tutto succede in modo velocissimo.”
Sei molto diversa, rispetto all’identità sexy degli spot.
“Vero? Quando non lavoro preferisco girare così: senza trucco, abiti
sportivi, scarpe da ginnastica…”
Neanche ti riconoscevo, quando ti ho visto arrivare. Sorprendente, questa doppia personalità, professionale e privata. Come sei veramente? Prova a definirti, con quattro o cinque aggettivi.
“Per prima cosa, sono imbranata. Non puoi neanche immaginare quanto sia imbranata… Mi cadono le cose di mano, sbatto contro muri, sono distratta… Un macello. E pensare che mio padre è un generale e che, in casa con lui, ho fatto diciotto anni da militare.”
E poi come sei?
“Sono sportiva e pigra. Mi piacciono gli sport che non richiedono grande fatica fisica. Niente gare in bicicletta o di nuoto o di corsa, insomma. E ancora, come ogni leone, sono determinata. Se decido di fare una cosa, può cascare il mondo, ma la faccio. Anche qui però c’è una contraddizione, sono determinata e indecisa.”
Che vuol dire?
“Rinvio le decisioni, non mi butto subito. Non riesco a decidere. Forse anche
perché so bene, dentro me stessa, che una volta che ho deciso, non cambio più. Anche per serietà. Mantengo gli impegni. In questo, sono stata educata alla perfezione, in modo militare.”
Ecco, parlami di educazione: i valori, per te.
“I valori sono quelli che ho portato via da casa. La famiglia, il rispetto della
tradizione. Anche di recente mio padre mi ha dato una bella lezione, mi ha ricordato l’importanza della tradizione. L’anno scorso a Pasqua, col mio fidanzato di allora, volevo andarmene in vacanza con gli amici…”
Ebbè? Pasqua con chi vuoi.
“Da noi, in Polonia, non è così. E mio padre mi ha ricordato il rispetto per la famiglia. Una famiglia semplice e piccola: due genitori, due nonni e io. E le feste si passano a casa.”
E com’è finita?
“Sono tornata in Polonia, in compagnia del mio fidanzato, ma a casa.”
Torniamo alle autodefinizioni…
“Qualcuno dice di me che mi sono montata la testa. Invece, mi considero semplice e sincera, anche estroversa. Ma una parola chiave, sempre insegnatami da mio padre, è il rispetto. Voglio rispetto per la mia persona, per la mia vita privata, per le mie scelte, le mie abitudini. E allo stesso modo ho rispetto per le persone che conosco e frequento. Sono vera.”
Mai qualche piccola bugia?
“No. Detesto dire bugie: ci vuole una memoria formidabile per sostenerle, e io
non ce l’ho. Qualche bugia grande si può dire, ma le bugie piccole sono sconsigliabili.”
Altra curiosità: il rapporto col tuo corpo.
“Non è che io mi veda bella o bellissima. Vorrei essere più alta, avere piedi più piccoli, tette più grandi… Ma mi consolo presto.”
E ti credo.
“Non scherzare, il punto è un altro: sono cosciente della fortuna che ho avuto, finora, nella vita. Una famiglia splendida, il successo nel lavoro. Se penso alla guerra, alle tragedie che ogni giorno colpiscono milioni di innocenti nel mondo! Ma forse la gente mi vede in modo diverso.”
Ho l’impressione che tu abbia qualche complesso a proposito di ciò che dice la gente.
“Mi amareggiano le malignità, i pettegolezzi. Mi entrano dentro, escono subito, ma qualcosa resta. “
Insicurezza?
“Sì. Sono insicura. Ma non voglio parlarne, i veri problemi della vita sono altri.
La povertà, i problemi di salute, la guerra… Mi sembra stupido parlare di piccole futilità. Poi io sono polacca e come tutti i polacchi ho un forte sentimento della tragedia, ci viviamo dentro: la nostra è una storia di guerre continue. Siamo pessimisti.”
Tu sei pessimista?
“Di radice, sì. Anche se mi sforzo di essere ottimista e sempre allegra. Però
il dna è quello, in Polonia si dice: si stava male e si starà peggio.”
Al mio paese il detto popolare è ancora più lamentoso: oggi è peggio di ieri e meglio di domani.
“Mamma mia!”
Lasciamo da parte i lamenti, parlami della tua vita sentimentale. Sei fidanzata?
“No.”
Com’è possibile? Bella e giovane, certamente corteggiatissima.
“ Non so. Forse è una scelta. Sono concentrata sul lavoro.”
Facciamo un vecchio gioco: l’identikit del fidanzato ideale, per chi volesse farsi avanti. Età?
“Tra i 28 e i 40. E poi? A me piacciono gli uomini mori, scuri. Non mi
piacciono i belli, tradizionali…”
Tipo Raul Bova?
“Il nome lo hai fatto tu. Comunque non mi piace il bello tradizionale, occhi azzurri, capelli biondi. Lo vorrei alto, magro… Ma soprattutto con una forte personalità. In sintesi…”
Dimmi.
“La verità è che cerco mio padre, Zenon. L’uomo migliore che abbia mai conosciuto. L’uomo più colto…”
… in Polonia.
“… nel mondo! Lo dicevo sempre, anche da piccolina: mi sposerò con papà.”
Lo dicono quasi tutte le bambine. Il problema, forse, è che lo pensi
ancora. Un “edipo” fortissimo, mi sembra. Da compiangere i fidanzati che arriveranno.
“Sì, dovranno confrontarsi con lui.”
E poi?
“Poi, cosa?”
Come dev’essere l’uomo capace di conquistarti.
“Un uomoguida anche per le cose pratiche, per i soldi, capace di stare
attento al mio portafoglio. Perché io spendo, spendo! E poi deve capire cosa sia il rispetto.”
Rieccola, la parola magica
“Che palle, dirai. Ma sì, che palle. E sai cosa farò?”
No.
“Mi farò tatuare questa parola sulla spalla: rispetto! Lo farò per rispetto della mia famiglia: Ma diranno invece, vedrai, che l’avrò fatto per mancanza di rispetto verso i miei genitori. E che non ho rispetto per la parola rispetto.”
Mi perdo nel gioco di parole. Confidami, piuttosto, se hai avuto storie importanti.
“Ho avuto solo una lunga storia, che è durata quattro e quasi cinque anni.”
E perché è finita?
“Le cose finiscono perché anche la vita finisce, tutto finisce. Forse un
amore finisce quando finisce la passione. O forse un amore, per durare, dovrebbe cominciare senza passione.”
E chi era, questo fidanzato?
“Il nome non importa. Un italiano, più vecchio di me di quattordici anni. E
assomigliava a mio padre.”
Ti pareva. E ora? Non ti manca l’amore?
“No. Libera, sto bene. E l’amore è una parola grande. Voi italiani non avete
rispetto, per le parole: per esempio dite amore a chiunque, amore qui, amore là. Ma si può? In Polonia non è così: credo di aver detto “amore” solo all’uomo che ho amato per tanti anni. Comunque, voi italiani siete affascinanti anche per questo: bravissimi a dire cose bellissime. Non le pensate, ma le dite. Ti amo, da noi, significa ti amo sempre.”
E come si scrive, in polacco?
“ Kocham cie.”
Un aiutino per i tuoi corteggiatori. Invece, senza scriverlo in polacco, vorrei sapere: si può fare sesso senza amore?
“Direi di sì. Ma un po’ di affetto ci vuole sempre. E perché questa
domanda?”
Per capirti meglio.
“Per capirmi, dovresti sapere che il mio problema di oggi è tutto un altro.”
E quale?
“Sono stata assente da casa mia quattro giorni e al ritorno, in terrazza, tutti i miei fiori erano morti.”
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