Il Giappone in recessione manda al tappeto le Borse

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borseIl Pil nipponico ha registrato un inatteso tracollo dell’1, cure 6% annuale, nel terzo trimestre. Verso elezioni anticipate e rinvio del previsto aumento dell’Iva. Il Nikkei cede il 3%, il dollaro aggiorna i massimi dal 2007 sullo yen. In Europa si guarda all’audizione di Mario Draghi al Parlamento di Bruxelles. Petrolio ancora debole. Telecom: “Nessun aumento di capitale”

Ore 10:15. Il Giappone scivola di nuovo e inaspettatamente in recessione, gettando una ventata di pessimismo sui mercati all’apertura della settimana: le Borse europee, Piazza Affari inclusa, trattano in rosso nella giornata dell’audizione di Mario Draghi al Parlamento Ue.
Il Prodotto interno lordo nipponico è crollato nel terzo trimestre e l’indice Nikkei ha accusato il colpo chiudendo in rosso di quasi tre punti percentuali. Tra luglio e settembre, il Pil del Sol Levante ha registrato una flessione dello 0,4% sul periodo precedente e dell’1,6% sul 2013. Nessun economista aveva previsto il calo, il secondo dopo il -1,9% del secondo trimestre, e anzi si era messa in conto una crescita dello 0,5% su mese e del 2% su anno. Nel secondo trimestre il Pil era sceso del 7,3% su anno. I dati rendono ancor più accesa la situazione ai piani alti dell’economia e della politica: la Bank of Japan ha già recentemente ampliato – a sorpresa – il suo piano di stimoli.
La prossima mossa spetta alla politica, in particolare al premier Shinzo Abe. La sua ‘Abenomics’, che inizialmente aveva dato buoni risultati, pare ora aver perso slancio. Per questo si rafforzano sempre più le voci di elezioni anticipate, per ridare forza all’esecutivo, e si fa concreta la necessità di posporre il secondo aumento dell’Iva, nell’ambito di un piano ereditato dal precedente governo. Nell’aprile scorso, l’Imposta era salita dal 5 all’8% scatenando una corsa agli acquisti che aveva pompato i dati macro all’immediata vigilia, salvo poi deprimere i consumi. Un prossimo scaglione, dall’8 al 10%, rischierebbe di essere esiziale. Anche perché, come mostrano i dati di oggi, nel terzo trimestre la domanda privata è scesa dello 0,9% sul periodo precedente, malgrado un lieve rimbalzo dei consumi delle famiglie (+0,3%). Gli investimenti privati hanno registrato una flessione del 6,7% e quelli delle imprese sono scesi dello 0,2%.
Come accennato, la Borsa di Tokyo ha chiuso in perdita del 2,96%: l’indice Nikkei dei titoli guida ha lasciato sul campo 517,03 punti a 16.973,80 punti, dopo una settimana ai livelli più alti da sette anni. Il più ampio indice Topix ha chiuso in calo del 2,45% (-34,28 punti) a 1.366,13 punti. La seduta è stata particolarmente attiva con 2,9 miliardi di titoli scambiati. In Europa, Piazza Affari conferma la debolezza dell’apertura e il Ftse Mib segna un calo dello 0,7%. Tra i singoli titoli milanesi si guarda a Telecom Italia: la società dice che “non è allo studio alcuna operazione di aumento del capitale”, ma il titolo soffre. Deboli anche le altre Borse Ue: Londra è in rosso dello 0,2%, come Parigi, Francoforte arretra di mezzo punto percentuale.
In Italia si guarda ai dati della bilancia commerciale di settembre: il surplus sale da 700 milioni (nel 2013) a 2 miliardi. Il risultato verrà poi diffuso anche per l’aggregato dell’Eurozona. Il governatore della Bce, Mario Draghi, verrà audito al Parlamento europeo nel primo pomeriggio. Secondo gli economsiti di Bloomberg, il presidente dell’Eurotower ribadirà ai parlamentari di Bruxelles di esser pronto a fare nuovi passi, qualora la ripresa economica e le prospettive di inflazione non si facessero più robuste. La quasi totalità degli esperti (95%) crede che le promesse si tradurranno in fatti, già quest’anno o al più tardi nel primo scorcio di 2015. La prospettiva, secondo quanto emerso dalle interviste dell’agenzia Usa, è che si arrivi al quantitative easing, l’acquisto massiccio di titoli – anche di Stato – sul mercato, forzando alcune resistenze interne e centrando nel complesso l’obiettivo di portare il bilancio della Bce da 2 a 3mila miliardi di euro.
Interessanti anche i dati provenienti nel pomeriggio dagli Stati Uniti: l’indice manifatturiero Empire State per il mese di novembre e l’andamento della produzione industriale a ottobre mostreranno quanto la prima economia del mondo sia effettivamente incanalata sulla via della completa ripresa economica. Una situazione ben diversa da quella della Ue, che giovedì verrà testata con la pubblicazione degli indici Pmi (l’agenda), e che come noto pone la Fed in condizioni opposte rispetto alla Bce: a Washington si va verso il rialzo dei tassi d’interesse. Una situazione che, nonostante la cautela legata alla crisi del Vecchio continente e al rallentamento orientale, ha posto Wall Street a livelli record. La Borsa Usa è reduce da una seduta incolore, venerdì, una “pausa di riflessione” dopo i recenti picchi. Archiviata la stagione di trimestrali americane, il mercato torna a concentrarsi sull’economia globale. Il bilancio settimanale è stato comunque positivo per i tre maggiori indici: in aumento dello 0,4% il Dow Jones e l’indice benchmark S&P500, mentre il Nasdaq ha aggiunto l’1,2%.
Restano debolissime le quotazioni del petrolio, in calo in Asia a 75,57 dollari per il barile Wti e a 79,10 euro per il Brent (le materie prime). L’oro in Asia prima sale a 1.194,38 dollari, sui massimi da due settimane poi ritraccia e si posiziona a 1.188,83 dollari. Alla vigilia il metallo giallo era salito del 2,3%.
L’euro è stabile a 1,2529 dollari sulle posizioni segnate venerdì alla chiusura di Wall Street (1,2525). Contro lo yen l’euro è a 145,21 (le valute). Il biglietto verde, subito dopo la pubblicazione dei dati sul Pil giapponese, aveva aggiornato i massimi dal 2007 sulla divisa nipponica a quota 117. Nelle prime contrattazioni, lo spread tra Btp decennali e omologhi tedeschi è a 158 punti, contro i 156 punti della chiusura di venerdì scorso, per un tasso del 2,35%. Il differenziale Bonos/Bund segna 136 punti per un rendimento del 2,13%.

di RAFFAELE RICCIARDI
La Repubblica