E-commerce, è battaglia tra i giganti

e-commerce
Share

e-commerceI QUATTRO GRANDI CORRIERI INTERNAZIONALI (FEDEX, pilule UPS, DHL E TNT) SONO ATTACCATI DAI COLOSSI DELLE VENDITE ONLINE: AMAZON E EBAY HANNO COMINCIATO A GESTIRE IN PROPRIO LE CONSEGNE. L’OBBIETTIVO È RENDERLE SEMPRE PIÙ VELOCI. E RIDURRE I COSTI

Si gioca su un campo offline una delle partite decisive dell’Internet economy. Non è un paradosso: a far girare gli affari da mille e una notte dell’e-commerce (le vendite globali viaggiano intorno a 1500 miliardi di dollari l’anno) non bastano buone idee e buoni prodotti, ma ci vogliono i muscoli e il cervello dei grandi player della logistica e delle spedizioni per far arrivare in tempo, a destinazione e costi sostenibili, le merci acquistate online. Fino a ieri i grandi corrieri internazionali, come gli americani Federal Express e Ups, e gli europei Dhl e Tnt, i quattro big di questa competizione globale, si preoccupavano di gestire il nastro trasportatore globale in un’ottica di servizio e supply chain per le imprese: enormi hub di raccolta e smistamento sull’asse Usa-Europa-Asia, magazzini efficienti, imponenti flotte di aeromobili e una rete di trasporto locale su gomma. Dieci anni fa, l’85% dei ricavi di questo mondo arrivava dal B2B, il commercio business to business tra le aziende, una partita che coinvolgeva la grande distribuzione, i concessionari e i grossisti. Oggi nella stagione dell’economia digitale (e globale), tutto è cambiato. E siamo solo all’inizio di una rivoluzione planetaria al cui centro c’è il consumatore. In America se ne sono accorti già lo scorso Natale, quando milioni di consegne risultavano assenti sotto l’albero illuminato di altrettante famiglie. Chi ha ordinato i regali online lo ha fatto negli ultimi 5 giorni prima delle festività (30 milioni di ordini sono partiti nella sola giornata del 23 dicembre) ingolfando e ritardando tutto il sistema delle consegne. Per questo Natale, periodo in cui nonostante la crisi è atteso un aumento degli acquisti online dell’11%, per quel 40% delle famiglie americane che ha già annunciato comprerà i regali sulle piattaforme di e-commerce, i corrieri sono già corsi ai ripari reclutando centinaia di migliaia di lavoratori stagionali e preparando offerte di prezzi e servizi ad hoc. Al di là degli intasamenti da ricorrenza, appare chiaro che la filiera distributiva è da ripensare, come suggeriscono gli esperti di settore, in una prospettiva “omnicanale”. Significa dare al consumatore la possibilità di acquistare merce da qualsiasi dispositivo (fisso o mobile), a qualsiasi orario e riceverla a casa, in negozio o depositata in un locker, includendo la gestione anche dei resi, come capita di frequente con l’abbigliamento. «L’e-commerce sta spostando il paradigma della logistica – spiega Marco Melacini, responsabile per la ricerca dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano- perché oggi la merce arriva direttamente a casa del consumatore. Una spedizione da un punto A ad un punto B è diventata una mera commodity. Tutti la possono fare. Oggi il vero valore aggiunto sta nell’organizzazione e nell’efficienza di tutta questa filiera. E farà la differenza l’innovazione che sapranno mettere in campo corrieri e operatori della logistica». Per capire la posta in gioco basta andare a vedere l’ultima mossa (provocazione?) di Amazon, croce e delizia dei corrieri (grandi volumi offerti ma margini loro concessi sempre più bassi) che ha lanciato in alcune città degli Stati Uniti servizi di consegna (anche di alimentari) a domicilio, diventando così concorrente dei suoi stessi corrieri-fornitori. Dopo il colosso di Jeff Bezos, sono arrivati anche Google, con il servizio Express, poi eBay e Alibaba che hanno investito nel settore delivery in Cina, e perfino Uber che comincia a usare i “suoi” taxi nonché le biciclette per le consegne celeri di pacchi. Secondo gli analisti, questi operatori “novelli” non potranno competere su larga scala con i big delle spedizioni, perché non dispongono di una infrastruttura logistica adeguata, tantomeno su scala internazionale, ma di sicuro sull’ultimo miglio potranno esercitare pressioni, almeno di tipo commerciale, sugli ex alleati, che sono i corrieri-fornitori. «Lo scenario è in grande evoluzione », commenta David Binks, presidente di FedEx Express Europe. «Ogni operatore sta cercando la sua strada. Solo il tempo dirà quale è quella giusta. La nostra soluzione è consentire al consumatore di scegliere come, dove, e quando ricevere la merce. E soprattutto puntiamo a essere partner delle imprese, accompagnandole verso nuovi mercati e nuovi consumatori. L’e-commerce spalanca le porte del mondo. Noi ci mettiamo “buone gambe” e tutto il knowhow che serve per arrivare a destinazione presto e bene». FedEx, 44 miliardi di dollari di fatturato nel 2013, ha sorpreso positivamente gli analisti presentando i dati di bilancio dell’ultimo trimestre con una sensibile crescita dei ricavi (+6%) sostenuta proprio dallo sviluppo del canale ecommerce, e migliorando l’utile del 24%. La prossima frontiera sarà il cosiddetto commercio elettronico “crossborder”, quando sempre più negozi e imprese saranno collegate a quel nastro trasportate globale fino al domicilio, magari dall’altra parte del mondo, del consumatore. Una bella sfida, che varrà nel 2018 , secondo uno studio di Paypal, 300 miliardi di dollari. Al centro di queste nuove autostrade del business c’è l’accordo di libero scambio tra Europa e Usa, tuttora in fase di negoziazione, che aiuterà quando sarà finalmente approvato anche le microimprese a esportare nei paesi extraeuropei. Dice David Binks: «Appena il 25% delle Pmi europee riesce a vendere i propri prodotti negli stati comunitari, e meno del 20% arriva a esportare nell’altra sponda dell’Atlantico. Perciò abbiamo investito un fiume di denaro in questi anni in Europa acquisendo società in Inghilterra, Francia e Polonia, aprendo 100 nuovi filiali e mettendo a disposizione di clienti italiani un volo diretto da Malpensa a Memphis. Un sistema logistico che permetterà alle Pmi di agganciare il grande business dell’e-commerce». Ups, l’altro grande operatore made in Usa, 46,2 miliardi di ricavi nel 2013, ha scelto una doppia strada di sviluppo, una software, e l’altra, hardware. La prima è arrivata con l’acquisizione di iParcel, una piattaforma di e-commerce, che mette in contatto milioni di negozi tra Gran Bretagna e Stati Uniti, e l’altra con il lancio degli Access Point, ovvero 20 mila negozi di prossimità (dai minimarket ai distributori di benzina) affiliati per la consegna delle merci quando il consumatore non è in casa per ricevere il pacco. Quando rientra a casa, passerà dal negozio a ritirare il suo articolo. «Lo sviluppo dell’e-commerce – spiega Kurt Kuhen, Cfo di Ups – cambia radicalmente il nostro modo di fare business. Abbiamo investito più di un miliardo di dollari in nuove soluzioni tecnologiche perché il nostro servizio sarà sempre più personalizzato, su misura per il consumatore». Ora i big si preparano alla sfida più importante dell’anno: le consegne natalizie. L’americana FedEx Express si batte spalla a spalla con l’altra statunitense Ups per il titolo di più grande gruppo di spedizioni del mondo.

di Christian Benna
Affari e Finanza