L’elettronica riparte non più solo export ora cresce anche l’Italia

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world-internetSENSORISTICA E INTERNET DELLE COSE DIETRO ALLA RIPRESA DI ORDINI INTERNI. IL SETTORE CAPITALIZZA GLI SFORZI COMPIUTI SULLA R&S: VALE DA SOLO IL 30% DEGLI INVESTIMENTI PRIVATI ITALIANI IN RICERCA. PIÙ OTTIMISMO TRA LE IMPRESE

L’occasione “perduta” è tornata. E questa volta è il caso di non farsela sfuggire. Perché il grande rimpianto dell’industria italiana, mind quella pionieristica divisione elettronica Olivetti che negli anni Sessanta sfornava i primi calcolatori al mondo, oggi prova a risorgere nella sua versione 3.0 in una miriade di Pmi tecnologicamente all’avanguardia. Il loro mestiere ha forse meno appeal rispetto all’epopea visionaria olivettiana. In fabbrica producono circuiti stampati, router, sistemi integrati per il telecontrollo e telemisuramento, dispositivi per l’identificazione, centrali che immagazzinano e smistano dati, macchine che consentono di far dialogare altre macchine. Ma questi prodotti, store spesso nel backstage dell’innovazione, sono proprio la colonna vertebrale della civiltà digitale che si sta costruendo. Si calcola che l’Internet delle cose creerà miliardi e miliardi di dispositivi connessi nei prossimi cinque anni. Un mercato immenso alla ricerca di nuovi protagonisti. La sfida non è semplice. In Italia gli investimenti in nuove infrastrutture di reti sono fermi, le impalcature dell’edilizia bloccate, e l’ammodernamento dei processi industriali rinviato dalle imprese a stagioni migliori. Eppure le aziende nate tra gli anni 70 e 80, nei distretti del Canavese, della Brianza, nell’Etna Valley e del nord-est sono diventate piccole multinazionali tascabili a proprio agio nella produzione di dispositivi e soluzioni per il grande business dell’Internet delle cose. In cima ci sono i grandi player già affermati, da StMicrolelectronics a Datalogic, o campioni della tecnologia avanzata come Eurotech, 66 milioni di ricavi e un centinaio di addetti, che a Udine sforna supercomputer in miniatura e sistemi embedded. Ma attorno agli esempi di punta di quell’industria che rende la meccanica “intelligente”, ci sono migliaia di imprese che producono sistemi integrati per l’automotive, per il controllo dell’energia e la gestione smart della casa. Prendete il caso della Tecno System di Mercenasco (Ivrea), piccola multinazionale tascabile che con i suoi 14 milioni di fatturato (40% generati all’estero) e 100 dipendenti non ha paura di lanciarsi in nuovi mercati. «Abbiamo appena aperto due unità produttive – dice l’amministratore unico Tiziano Ianni – una in Tunisia e l’altra in India a Bangalore. E da ultimo anche un ufficio a Los Angeles. Non si tratta di delocalizzazioni, ma di investimenti in loco per aggredire nuovi mercati». Tecno System produce schede elettroniche che permettono di controllare i freni dei treni e dare vita alle centraline per l’automotive. «Siamo figli della cultura olivettiana, dove l’innovazione è un processo aziendale quotidiano. E oggi, con il digitale che sta cambiando tutti gli ambiti della nostra vita, le nostre aziende stanno tornando protagoniste di questa rivoluzione». L’industria dell’elettronica vanta punte di eccellenza molto avanzate nei dintorni di Ivrea, come Tiesse, altra creatura nata da ex manager Olivetti, che solo in Italia ha installato 200mila apparati M2M e più di 100mila router, utilizzati nel telecontrollo e telegestione delle reti, dove compete con big player internazionali del calibro di Huawei e Cisco. «Il comparto dell’energia spiega Fabrizia Montefiori, amministratore delegato di Tiesse – è quello che ci sta dando maggiori soddisfazioni. Basti pensare al rinnovamento delle reti del gas o a quelle elettrica, delle quali i nostri dispositivi consentono l’uso efficiente e controllato». Le soluzioni hitech non mancano. Tuttavia il comparto resta molto conservatore quando si parla di alleanze e di crescita per linee esterne. Non è un caso che frammentazione e nanismo dimensionale sono i veri mali del settore, con il 44% delle imprese che ha meno di 20 dipendenti e solo l’8% ne impiega più di 250. Dopo anni di predicazione, spesso nel deserto, da parte dell’associazione delle imprese dell’elettrotecnica, l’Anie, è sorta anche una delle prime reti di imprese del settore della sicurezza. Si chiama Keep Control Team2 e riunisce cinque aziende del comparto della sicurezza: la toscana A4 Sicurezza, fornitrice di sistemi elettronici, apparati e componenti di sicurezza; la Sistemi Integrati, con sede a Bologna; la sassarese Videotecnica Sistemi Elettronici Integrati; Deletron Srl di Arcore e la veneta Integra Sei Safety & Security Sas. L’obiettivo è mettere insieme le competenze per presentarsi con spalle più robuste nelle grandi gare d’appalto, in Italia e all’estero. Perché l’occasione di mercato da cogliere è davvero da non perdere. Non solo per fare massa critica e raggiungere dimensioni competitive. Ma soprattutto per non lasciarsi indietro il treno del “reshoring” della manifattura. Le multinazionale cominciano a traslocare attività dall’oriente verso l’Europa. E hanno bisogno di fornitori di elettronica, che fino a ieri era affidata a imprese asiatiche. Con lo sviluppo di business sempre più complessi, basti pensare alle soluzioni di domotica in un grande albergo, alla videosorveglianza o ai processi di automazione industriale servono elevata qualità produttiva e di servizio. «Le nostre Pmi si sono internazionalizzate in questi anni – dice Claudio Andrea Gemme, presidente di Anie – E sono cresciute seguendo l’espansione dei grandi contractor dell’oil&gas e dell’impiantistica. Oggi hanno standard elevatissimi. E cominciano anche a crescere dal punto di vista dimensionale». L’industria elettrotecnica ed elettronica italiana è ormai terza in Europa per fatturato (63 miliardi di euro) con 29 miliardi di esportazioni, 425.000 addetti e investimenti medi annui in R&S pari al 4% del fatturato totale (oltre il 30% dell’intero investimento in R&S del settore privato in Italia). Il mercato interno fatica a decollare. Ma non per tutti. Ci sono aziende come la Goma Elettronica di Torino che genera 22 milioni di fatturato quasi esclusivamente in Italia. E negli ultimi mesi gli ordini, che arrivano dalle industrie dei trasporti, difesa e biomedicale, sono aumentati a doppia cifra. Tanto che è partita una nuova campagna di reclutamento per circa 10 addetti. Lo scenario per i prossimi mesi è positivo. Per il secondo semestre 2014, secondo un sondaggio delle imprese Anie, si comincia a respirare un’aria di ottimismo: rispetto ai primi sei mesi dell’anno, il 47,5% delle aziende ipotizza un aumento del fatturato totale, con note positive anche in relazione al fatturato interno (in aumento per il 44,1% delle imprese).

di Christian Benna

Affari e Finanza