Come ogni mese, un fine settimana per abbracciare i nipotini, in una Torino immersa nell’atmosfera di Artissima, Paratissima, e il genio di Cattelan. Ceno al Gatto Nero, unico ristorante che mantiene lo stesso menù dei mitici anni ’60 (allora potevi trovarvi i principi di Monaco, cominciare la cena con pane, burro e grasse acciughe del Mar Cantabrico). Attraverso, con cautela, una (lurida) Piazza Castello, sotto i cui portici certi Fassino (Juve) e Chiamparino (Toro) permettono l’esistenza di vari suk a cielo aperto, mentre decine di taxi sono fermi al parcheggio, e losche Uno (bianche) di banditi UberPop sfrecciano indisturbate.
Da sempre, uso il fine settimana come momento di riflessione e di pianificazione per i miei Camei prossimi venturi. Per la prossima, tre temi sono obbligati: a) la caduta del Muro di Berlino 25 anni dopo; b) un’analisi-confronto del menù delle cene renziane da 1.000 € a cranio e quelle di Berlusconi del 2010; c) l’inizio della partita per la nuova Presidenza della Repubblica, che potrebbe trasformarsi in un periodo di destabilizzazione politica.
Quella trascorsa è stata una settimana variegata, con molte novità, che riassumo.
Dopo otto anni di ubriacatura, l’America migliore (quella delle varie “belt”: della ruggine, del cotone, della Bibbia) ha liquidato, per manifesta incapacità, l’élite harvardiana di Obama, i liberal del NYT, del New Yorker, i loschi ragazzotti californiani del “Big Data”. Neppure il tempo di rilassarci per lo scampato pericolo, e già si staglia all’orizzonte la figura minacciosa del boss dei boss, Bill Clinton, e della sua Famiglia (rispetto a quella oscena dei Kennedy, questi almeno sono pochi seppur molto più affamati). Come dice l’amico Angelo Codevilla “.. mentre gli europei sono avvezzi a essere governati da individui che presumono di essere migliori e che sono consapevoli di non godere della fiducia dei governati, quando gli americani hanno capito di essere considerati degli europei sono insorti …”. Purtroppo la patologia americana è identica alla nostra, cioè è bipartisan, vale per democratici-repubblicani, come da noi vale per renziani-berlusconiani. Questo è il dramma dell’Occidente, le pseudo élite che si alternano al potere sono nella sostanza identiche, senza valori profondi, senza idee, senza attributi, tutte parlano di “cambiamento” ma per i cittadini si tratta, ogni volta, di cadere dalla classica padella alla classica brace.
Una benedizione questa settimana per noi dei media c’è stata, grazie a Renzi. Per nove mesi abbiamo dovuto fingere di commentare sue stravaganti iniziative politiche, che avrebbero dovuto portare a cambiamenti epocali, credere a numeri chiaramente falsi, dibattere buffi progetti che mai sarebbero diventati realtà. Nel frattempo le élite occidentali proseguivano nella loro strategia “impoverire la classe media, sedare quella povera”. Finalmente, Matteo Renzi, con grande abilità politica, prima è riuscito a “sedare” il povero Berlusconi, facendogli fare ciò che vuole, ora si appresta a fare altrettanto con i “grillini”, rendendo felice un Salvini, che se riesce a liberarsi delle orrende felpe che indossa, può diventare l’altro corno del bipartitismo renziano in via di costituzione.
Curiosa l’aggressione da parte di un reggimento a cavallo di giornalisti liberal nullafacienti, che hanno raccolto decine di migliaia di documenti ufficiali, noti da tempo, (chiamano questa buffonata “scoop”) relativi al Lussemburgo, al solo scopo di colpire la Signora Merkel, attraverso il Presidente della Commissione Junker (intendiamoci un poveretto, ma un gigante rispetto all’altro candidato Martin Schulz). Chissà perché non fare altrettanto, con lo stesso impegno, verso il paradiso fiscale del Delaware e il suo boss Biden, nascosto nelle cantine della Casa Bianca.
Ci voleva un personaggio come Salvatore Bragantini, addirittura sul Corriere della Sera, per dire una parola definitiva sull’ex Famiglia reale (ora allargata) Agnelli-Elkann-Marchionne e la loro strategia di “ritirarsi nell’altissima gamma”, avvalendosi dell’abilità sartoriale di JP Morgan, per sfilarsi con eleganza da FCA. Lasciando con un palmo di naso tutti gli intellettuali e gli pseudo esperti di economia, ancora fermi alla ridicola colpevolizzazione del costo del lavoro e delle relazioni sindacali. Tutti costoro hanno confuso un banale ed evidente (se lo si voleva vedere) gioco delle tre carte finanziario con un approccio industriale in un business strategico come l’auto. Prosit.
di Riccardo Ruggeri
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