Caselli: “Per la riforma ecco la nostra proposta”

ettore caselli
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ettore caselliINTERVISTA AL PRESIDENTE DI ASSOPOPOLARI: “PIÙ SPAZIO AGLI INVESTITORI ISTITUZIONALI E POSSIBILITÀ DI AUMENTARE LE DELEGHE. SARÀ PERÒ IL MERCATO A DECRETARE QUALI SARANNO LE FUSIONI NECESSARIE. I PROBLEMI DELLE PICCOLE”

«Non vedo atteggiamenti di chiusura alle aggregazioni da parte delle banche popolari. Ma sarà il mercato a decidere sulla bontà delle possibili operazioni». Il presidente di Assopopolari, store Ettore Caselli, buy lascia aperta la porta al cambiamento. «I l processo di razionalizzazione del mondo bancario è nelle cose: si tratta di un’evoluzione naturale in corso da anni. Oggi, pharm però, questo processo incrocia un evento di fondamentale importanza: il passaggio delle principali banche italiane sotto la Vigilanza europea, e ancora prima il giudizio che verrà emesso come esito del Comprehensive Assessment. Ecco perché dobbiamo essere consapevoli che sarà il mercato a giudicare sull’effettiva opportunità di future aggregazioni nel mondo delle popolari, a prescindere dalle eventuali resistenze dei singoli». Non si tira indietro il presidente dell’Associazione delle banche popolari, Ettore Caselli. Di aggregazioni si parla da tanti anni, ma questa sembra la volta buona. Ne hanno parlato in questi giorni, seppur in generale, i protagonisti, gli amministratori delegati di Banco Popolare e di Ubi Banca. E adesso anche il presidente dell’associazione di categoria lascia la porta aperta al cambiamento. Sono vari anni che la Banca d’Italia, sotto due diversi governatori, spinge per le fusioni tra popolari. Le resistenze, finora, sono sembrate arrivare dagli apparati locali delle banche, che temono di perdere potere. Non è che anche stavolta ci si opporrà a qualunque cambiamento? «Credo che l’arrocco su posizioni autoreferenziali sarebbe una reazione ingiustificata di fronte all’evoluzione del sistema. Ma non vedo atteggiamenti di chiusura e credo che gli amministratori delle Popolari valuteranno con attenzione tutte le opportunità quando si presenteranno. Ciò potrà determinare, in una logica complessiva, anche fenomeni di carattere aggregativo. Detto questo, è opportuno sottolineare che il mondo delle Popolari esprime valori importanti ». Quali? «Penso alla democrazia d’impresa come esito positivo della forma cooperativa e del voto capitario. Ma soprattutto dobbiamo tener presente che le popolari non sono tutte uguali. Non ci si può rapportare solo alle esigenze delle otto popolari quotate, perché intorno c’è un mondo molto variegato in cui piccolo può ancora essere bello, mentre diventare più grandi probabilmente non aiuterebbe. In ogni caso tutte queste realtà hanno una caratteristica comune: sono votate al finanziamento dell’economia reale ». Qual è la situazione in merito alle proposte di modifica della regolamentazione delle popolari che giacciono in Parlamento? Come dovrebbero essere modificate le attuali norme? «Oggi siamo su un palcoscenico nuovo, in cui da una parte vanno compresi gli aspetti peculiari di società che hanno decine di migliaia di soci, ognuno dei quali con un voto a disposizione, e dall’altra occorre introdurre alcuni ammodernamenti nella normativa, rispettando i caratteri identitari delle Popolari. Sappiamo che dalla passata legislatura giacciono in Parlamento alcune proposte di legge, ma oggi, a mio avviso, è venuto il momento di farsi carico direttamente dell’aggiornamento della disciplina per il mondo delle Popolari, quotate e non quotate. Ecco perché proporrò al prossimo Consiglio di Amministrazione di Assopopolari la costituzione di una commissione che avrà il compito di definire, in tempi ravvicinati, una proposta di nuova normativa che sappia sintetizzare competenza ed esperienza». Quali saranno i temi su cui lavorerà la commissione? «Penso, in primo luogo, al ruolo dei soci di capitale: fondi d’investimento e investitori istituzionali. Dovremo individuare gli strumenti opportuni per inserirli nei meccanismi di governo delle popolari, in modo che possano tutelare i propri interessi. C’è da raggiungere un equilibrio difficile, ma non impossibile, tra l’ingresso di questi investitori e la salvaguardia delle peculiarità del modello cooperativo che le Popolari intendono mantenere, continuando a esercitare una funzione alternativa e autonoma rispetto alle società per azioni». E sul fronte delle deleghe? «Il numero di deleghe a 5 fa già parte della richiesta che la Vigilanza ha espresso al mondo delle Popolari. Sull’adeguamento a questo limite i lavori sono in corso da parte delle singole banche, ma credo che non ci sia preclusione anche a un innalzamento ». Lei parla di ruolo alternativo e autonomo delle Popolari: non rischia di essere solo una petizione di principio? «Credo che su questo punto parlino i dati. A proposito di sostegno all’economia reale, sottolineo che tra il 2008 e il 2013 i finanziamenti del sistema Popolari alle piccole e medie imprese hanno sfiorato i 200 miliardi, vale a dire più o meno quello che le stesse banche avevano erogato nei cinque anni che hanno preceduto la crisi. E nello stesso periodo i depositi sono cresciuti del 19%, sei punti percentuali in più rispetto alla media del sistema bancario. Le popolari, inoltre, reinvestono il 75% della raccolta nei territori di riferimento». Si capisce che i primi a cercare fusioni e aggregazioni saranno gli istituti quotati. Ma che faranno le piccole popolari? «Il fenomeno aggregativo interesserà con tutta probabilità anche queste popolari. Oggi il sistema ha tra i suoi problemi il credito non performing: gli effetti di questo fenomeno su realtà piccole e meno strutturate patrimonialmente potrebbero dare vita a un’escalation, da cui si potrebbe uscire solo sacrificando la propria autonomia. Sono comunque confidente sul grado di prudenza e di equilibrio che i miei colleghi presidenti hanno espresso e continuano a esprimere alla guida dei loro istituti».

di Adriano Bonafede

Affari e Finanza