Lievitano i costi per il giacimento Kashagan in Kazakhstan. Secondo fonti riportate dal Financial Times, rx il costo per la sostituzione di oltre 200km di conduttura e il riavvio della produzione dopo le falle da corrosione per il giacimento è stato stimato tra 1,6-3,6 miliardi di dollari; tuttavia il consorzio avrebbe selezionato l’opzione più resistente alla corrosione e quindi più costosa, per un costo di 3,6 miliardi di dollari o oltre (4 miliardi di dollari).
Lo sviluppo del giacimento è già costato oltre 50 miliardi di dollari. La cifra sarà sostenuta pro-quota dai soci del consorzio, ovvero Eni (la sua quota nel campo è del 16,8% e quindi il contributo potenziale di 0,67 miliardi di dollari, pari a 0,53 miliardi di euro), Shell, Total, Exxon, Cnpc. Kashagan dovrebbe riavviare la produzione nel secondo semestre 2016, ma alcune persone coinvolte nel progetto hanno detto che è un obiettivo difficile da raggiungere e che è più probabile dal 2017. Il problema sarebbero le condizioni climatiche che potrebbero rendere impossibile la conclusione dei lavori per la prima metà del 2016.
Durante l’ultima conference call la controllata di Eni, Saipem, ha detto che sono in corso le negoziazioni per la realizzazione della nuova conduttura in Kashagan. Sarebbe una notizia positiva per la società, in quanto il progetto potrebbe valere tra l’11 e il 25% della raccolta ordini 2015. Per quanto riguarda la vecchia conduttura, Saipem ha realizzato la posa e saldatura delle tubature nel giacimento, che è stata testata e consegnata nel 2008.
Al momento non c’è stata alcuna contestazione a Saipem e la società è convinta che i problemi riscontrati non porteranno penalità sul contratto. Saipem tratta a un multiplo prezzo/utile 2015-2016 di 10-9 volte, in linea col settore. Gli analisti di Equita mantengono il rating hold sul titolo (target price a 20 euro) in quanto l’ammontare dei progetti legacy è ancora significativo e la recente pressione sul prezzo del petrolio potrebbe spingere le compagnie petrolifere ad abbassare e/o ritardare i piani d’investimento sul 2015.
Equita ha un rating hold anche su Eni con un prezzo obiettivo a 18,7 euro in considerazione del crollo del prezzo del petrolio e della conseguente riduzione della generazione di cassa. “La notizia è negativa per Eni sia per gli ulteriori costi in condivisione con gli altri partner sia per il ritardo ulteriore ipotizzato”, affermano gli analisti di Equita che assumono circa 30 kboed (migliaia di barili di petrolio equivalente al giorno) nel 2016 di contribuzione (il 2% della produzione) e 70 kboed nel 2017 (4% della produzione).
Gli analisti di Mediobanca Securities ricordano in una nota di oggi di aver recentemente declassato l’azione Eni a neutral (target price a 17 euro) alla luce delle preoccupazioni circa il piano di dismissioni. “Gli obiettivi di cash flow della società, facendo leva sugli ulteriori piani per la vendita di asset, potrebbero essere a rischio visto il persistente calo dei prezzi del petrolio”, avvertono gli analisti di Mediobanca.
Il processo di cessioni da 11 miliardi di euro di asset, alzato di 2 miliardi durante l’ultima presentazione della strategia del gruppo, di cui 5 miliardi già realizzati, potrebbe vedere un rallentamento, abbassando la visibilità sul dividendo di Eni. In borsa, complice appunto la forte caduta del prezzo del brent, entrambe le azioni scendono: -1,18% a 16,80 euro Eni, -2,41% a 15,36 euro Saipem.
di Francesca Gerosa
Milano Finanza