Dalla società di Italo un avviso a pagamento sui principali quotidiani italiani: “L’esecutivo prendano ogni opportuna iniziativa, help nel rispetto dell’imparzialità e del libero mercato tante volte evocato dai politici”. Il gruppo schiacciato dai debiti e dopo l’aumento del regime tariffario, capsule potrebbe mettere in mobilità 300 dipendenti
Ntv chiede il rispetto della concorrenza. La società ferroviaria fondata nel 2006 da Luca di Montezemolo, Diego Della Valle, Gianni Punzo e Giuseppe Sciarrone per competere con Trenitalia sull’alta velocità ferroviaria che potrebbe avviare la messa in mobilità di 300 dei mille dipendenti, chiede l’intervento del governo con un avviso a pagamento su tutti i principali quotidiani italiani.
“Nonostante tutto – si legge – Ntv continua a operare con sempre maggiore determinazione e crede più di prima alla sfida della concorrenza, ma ora come non mai occorre la piena attenzione del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e dei ministri competenti, affinchè prendano ogni opportuna iniziativa, nel rispetto dell’imparzialità e del libero mercato tante volte evocato dai politici”.
Nell’avviso, Ntv ha poi sottolineato che fin da quando ha iniziato la propria attività “è cominciata una strumentale battaglia con ogni mezzo contro la concorrenza, con ostruzionismi di ogni tipo”. E “gran parte del mondo politico – si legge ancora nell’avviso – non è mai intervenuto per tutelare il rispetto delle regole”.
Ntv, insieme al suo treno Italo prodotto dai francesi della Alstom, rischia quindi di non sopravvivere, con perdite che sono arrivate a 156 milioni in due anni, un debito complessivo a quota 781 milioni di euro e con un capitale che
solo nel primo trimestre di quest’anno si è ridotto di un terzo. Nonostante un sensibile costante aumento del fatturato nel biennio di attività, con i passeggeri passati da due milioni a 6,2 milioni.
Il colpo di grazia secondo i vertici dell’azienda, è arrivato con il decreto competitività del ministro dello Sviluppo, Federica Guidi: fine del regime tariffario agevolato, introdotto nel 1963, con un incremento dei costi di 15-20 milioni l’anno a partire dal 2015. Un livello insostenibile per l’azienda che già paga 120 milioni l’anno per l’accesso alla rete.
La Repubblica