Mercoledì prossimo la Commissione europea presenterà le proposte il ‘pacchetto’ di misure per ridurre il livello dei crediti bancari deteriorati e prevenirne l’accumulo in futuro. Tra queste ci sarà la proposta di introdurre ‘cuscinetti’ di capitale prudenziale obbligatorio, che si applicheranno alle esposizioni classificate come deteriorate relative esclusivamente ai nuovi prestiti con un livello minimo di patrimonio accantonato per fronteggiare eventuali perdite. La progressione della copertura integrale della quota non garantita dei ‘non performing loan’ è prevista durare due anni. Per la quota garantita, invece, la progressione sarà più lenta e, a quanto risulta, è prevista durare otto anni. Ogni anno dovrà essere aggiunto un accumulo. Si tratta di un andamento meno ripido di quello previsto originariamente dalla Bce nel famoso ‘addendum’ pubblicato a ottobre per quanto concerne la quota garantita: venivano indicato 7 anni per raggiungere il 100%. La data di partenza è ancora avvolta nel segreto, ma nei documenti che saranno pubblicati mercoledì sarà indicata con precisione.
Nel documento di consultazione, Bruxelles indicava 4 opzioni: la data di pubblicazione di quello stesso documento, la data di pubblicazione della proposta (sarebbe appunto il 14 marzo 2018), la data di entrata in vigore della legislazione o una data ancora più lontana. Per quanto riguarda la progressione, nel documento di consultazione che aveva preparato la commissione europea allo scopo di raccogliere le opinioni del settore bancario, veniva indicato uno schema di introduzione lenta del vincolo della copertura minima dei npl “per evitare un impatto troppo brusco e potenzialmente dannoso e per limitare gli effetti pro-ciclici lasciando tempo sufficiente per possibili recuperi dal collaterale relativo a tali prestiti”. Assumendo che le banche avrebbero due anni per coprire integralmente i nuovi prestiti non garantiti diventati ‘non performing loan’ e almeno 8 anni per quelli garantiti, i livelli di copertura indicati sarebbero stati meno progressivi per i primi e più progressivi per i secondi.
Per la quota non garantita, veniva indicata una copertura nel primo anno fino al 35% o fino al 50% per arrivare al 100% nel secondo (c’era anche l’ipotesi 0% e 100%). Per la quota garantita lo schema “progressivo” era questo: si comincia con la copertura al 5% con la progressione 10%, 17,5%, 27,5%, 40%, 55%, 75%, 100%.
L’accumulo lineare prevedeva: 12,5%, 25%, 37,5%, 50%, 62,5%, 75%, 87,5%, 100%. Anche qui, ma come mera indicazione di base, appariva l’ipotesi non scalare. La commissione pubblicherà un documento che fissa gli standard minimi comuni per la creazione delle società di gestione degli asset deteriorati compatibili con la legislazione bancaria e le regole sugli aiuti di stato. Poi le norme per sviluppare un mercato secondario dei non performing loan con l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli transfrontalieri e per migliorare la protezione dei creditori garantiti prevedendo metodi per recuperare valore dai prestiti garantiti attraverso l’applicazione di garanzie accessorie extragiudiziali accelerate. Si tratta dei meccanismi rapidi ed efficaci al di fuori del tribunale per recuperare valore dai collaterali previsti da società e imprenditori per garantire il prestito. La commissione indica un modello generale di riferimento per quelle che correntemente vengono chiamate ‘bad bank’, ma non si tratta di un “modello unico”.
Indicherà quali sono gli standard comuni da seguire. Sarà citato anche il modello italiano del gacs, ‘garanzia cartolarizzazione sofferenze’. Secondo la commissione l’esperienza accumulata mostra che le società nazionali di gestione degli asset deteriorati alle quali sono trasferiti gli asset permettono alle banche gestibili di focalizzarsi sull’attività di prestito a imprese e famiglie. Possono essere private o pubbliche o miste e possono ottenere vari gradi di sostegno pubblico a condizione che siano rispettate le regole sugli aiuti di stato. Si prevede per i soggetti investitori e per le società di gestione della cessione delle sofferenze un ‘passaporto unico’ per permettere loro di operare in tutti i paesi ue: più è “spesso” il mercato secondario meno i prezzi saranno bassi. Si tratta di garantire standard minimi di protezione degli investitori e dei risparmiatori per avere accesso al mercato comune. Si stima che tali sviluppi possano contribuire a ridurre il rapporto sofferenze/crediti anche dell’1% entro un paio d’anni, ma questo impatto varia da paese a paese.
Alla Commissione considerano che il modello del ‘patto marciano’ seguito dall’italia possa costituire una opzione da praticare anche in altri paesi. Con il decreto salva-banche del 2016 convertito poi in legge è stato introdotta una particolare e specifica versione del patto marciano. Stabilisce che il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca può essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore, della proprietà di un immobile o di un altro diritto reale immobiliare di titolarità dell’imprenditore o di un terzo, il tutto sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore. In sostanza, il bene oggetto di garanzia rimane di proprietà dell’imprenditore (o del terzo datore) durante l’ammortamento del mutuo, ma ne viene previsto il passaggio di proprietà alla banca (o ad altro soggetto strumentale alla banca) nel caso in cui l’imprenditore mutuatario non rimborsi il finanziamento.
Sempre sui temi bancari, martedì prossimo nella riunione ecofin, i ministri finanziari tenteranno di raggiungere un accordo sulle misure di riduzione dei rischi. Sul tavolo le proposte per rafforzare le regole attuali sulle esigenze patrimoniali delle banche, la ristrutturazione e la risoluzione delle banche in difficoltà. Si tratta di attuare le norme sulla capacità di assorbimento delle perdite (tlac) elaborate due anni e mezzo fa dal consiglio per la stabilità finanziaria. Si tratta di incorporarle nella legislazione europea. Integrano le regole sul requisito minimo di fondi propri (mrel). Le prime riguardano le banche sistemiche, le secondo tutte le banche.
Lo standard tlac garantisce che le banche sistemiche abbiano sufficiente capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione, in modo che le autorità di risoluzione, nel caso di insolvenza, possano utilizzare gli strumenti di risoluzione delle crisi bancarie, minimizzando i rischi per la stabilità finanziaria, mantenendo la continuità delle funzioni essenziali dell’istituto di credito, evitando che siano utilizzate risorse pubbliche per il salvataggio.
Il tlac consiste essenzialmente in un requisito patrimoniale minimo di passività che possano essere prontamente soggette a bail-in nel caso di risoluzione. Il mrel (minimum requirement for own funds and eligible liabilities) è un requisito introdotto dalla direttiva europea sul risanamento e la risoluzione delle banche, il cui obiettivo è assicurare il buon funzionamento del meccanismo del bail-in, aumentando la capacità di assorbimento delle perdite della banca. Il coefficiente è calcolato come l’importo di fondi propri e passività ammissibili espresso in percentuale del totale di passività e fondi propri, includendo al numeratore, oltre al capitale regolamentare (come i tradizionali ratio di vigilanza), anche altre passività.
Due i problemi da risolvere. Il primo è l’obbligo di subordinazione in caso di risoluzione: c’è divergenza tra i ministri sul modo di procedere a seconda se si tratta di una banca sistemica o meno. Alcuni ritengono che non sia opportuno prevedere un livello elevato di ‘subordinazione’ del mrel. Per le banche sistemiche la presidenza ue propone di creare una nuova categoria di istituti “di prim’ordine” sottoposto agli stessi obblighi di subordinazione delle banche sistemiche. Il secondo problema aperto riguarda le nuove esigenze di fondi propri per i rischi di mercato: la divergenza riguarda la revisione del ‘portafoglio di negoziazione” in modo che tenga conto di un rinvio di tre anni.