di CESARE LANZA
Scommettiamo che ci sarà qualcuno o qualcosa che riscoprirà la bellezza della lingua italiana, e la difenderà vittoriosamente dall’alluvione di inglesismi e francesismi? Lo so: è un’Utopia, con la U maiuscola, l’impresa è impossibile. Sarebbe come illudersi di fermare il vento con le mani o ipotizzare che Matteo Renzi smetta di saltare da un podio televisivo all’altro, per tenere le natiche sulla (immeritata) poltrona di Palazzo Chigi, occupandosi di problemi seri e veri. Quindi, col vostro permesso e, spero, per il vostro divertimento, precipiterò nella più diffusa trappola per qualsiasi scommettitore: considerare i propri desideri più forti e anzi probabili rispetto all’inesorabile realtà. E purtroppo la realtà ci dice che la nostra stupenda lingua sta naufragando, senza possibilità di salvezza. Anche se l’Utopia ci sussurra che non bisogna disperare mai. Passi per l’insopportabile «ok»: saremmo ricchi, se ci mettessimo un euro in tasca ogni volta che viene pronunciato. Eppure non basterebbe dire «sì» o «va bene» o «d’accordo»? Gettiamo la spugna, ok (scappa spesso anche a me). Ma che ne dite delle decine di parole inglesi che ci travolgono in ogni analisi di economia, rendendo ancora più incomprensibile una scienza di per sé elastica e imprevedibile? Un mattino seguivo in tivù un dibattito con autorevoli sostenitori della lingua italiana. Con grande godimento! Poi ho visto che il programma si chiamava, e credo che esista ancora, Coffee break. Ragazzi miei, era volgare, faceva proprio schifo chiamarlo Pausa caffè? Insomma: la guerra è perduta, ma qualche battaglia potremmo ancora vincerla.
di Cesare Lanza, La Verità