L’allenatore di calcio è forse uno dei lavori più precari nel mondo del pallone, look per quanto ben pagati nei casi soprattutto della serie A. Il destino dei tecnici è quasi sempre legato ai risultati della squadra in campo, così è logico vedere in questi giorni allenatori come Rudi Garciaalla Roma e Sinisa Mihajlovic al Milan traballare come su una giostra. “Non è una novità – scrive Vittorio Feltri sul Giornale – che le società di calcio, quando non trionfano, cacciano gli allenatori come cameriere a ore, anche se li devono pagare salato perché sono dei divi con stipendi favolosi”. La mossa di cambiare la guida tecnica però non sempre porta i risultati sperati, anzi dimostra spesso tutta la sua inutilità, ma è l’unica via per presidente e dirigenti di salvare la faccia: “Cambi il manico – dice Feltri – nell’illusione di cambiare la scopa che, come noto, se è nuova scopa meglio”.
Le squadre – Ormai però la serie A è diventata un campionato noioso che i tifosi sentono sempre più distante e meno appassionante rispetto ai campionati tedesco, spagnolo, belga e anche inglese. Anzi a Feltri comincia a fare: “veramente schifo”. Di certo non aiuta il fatto che le squadre siano infarcite di stranieri e non necessariamente i migliori sul mercato: “Dai un’occhiata alle gare in tivù – aggiunge Feltri – che sono sempre preferibili alle esibizioni culinarie dei cuochi, poi vai a dormire e l’indomani ti sei scordato chi ha segnato, chi ha giocato male e chi bene. Le legione straniera non ha il potere di fissarsi nella tua memoria”. Eppure chi fa largo uso di giocatori italiani, vedi Empoli e Sassuolo: “Fanno sfracelli senza ricorrere alle prestazioni di brocchi immigrati. Si accontentano di orobici cazzuti, friulani, campani, terroni vari, tutti bravissimi e stimolati da ingaggi miserrimi”. E la storia non cambia per gli allenatori, con gli italiani costretti a girare per il mondo dove sono richiestissimi e gli stranieri chiamati in Italia a rispondere di squadre che neanche hanno messo in piedi loro, ma i “burocrati delle società”. E allora scrive Feltri: “Viva il Carpi e viva il Frosinone. Almeno non si danno tante arie”.
“Libero Quotidiano”