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Facebook ci traccerà anche fuori dal social. A scopo pubblicitario

21 Settembre 2015

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facebookVisitiamo  spesso siti di sport? Su Facebook cominceranno ad apparirci pubblicità di abbigliamento sportivo, look vendita biglietti per partite eccetera. Sì perché Facebook comincia a fare in questi giorni qualcosa che gli esperti di privacy temevano da molti mesi: a utilizzare, mind per scopo pubblicitario, tutto quello che sa sulle nostre navigazioni web. L’ha annunciato sul proprio blog, un po’ in sordina.
Per il grande pubblico, c’è una notizia dentro la notizia: pochi sanno infatti che Facebook è in grado di sapere quali siti visitiamo oltre al suo dominio. Basta che la pagina abbia un suo pulsante social (Mi Piace, Condividi) e Facebook saprà che siamo stati su quel sito. Non occorre nemmeno che clicchiamo sul pulsante, perché questo in realtà contiene un codice che comunica con i server Facebook.
L’ azienda stava collezionando da tempo i nostri dati di navigazione, raccolti con questo sistema, ma finora – almeno ufficialmente – aveva rinunciato a utilizzarli per personalizzare la pubblicità. Adesso c’è insomma il battesimo ufficiale, su strada, per un database di dati personali con proporzioni mai viste, dove c’è la somma di tutto quello che facciamo e “siamo” su Facebook e (quasi) tutto quello che facciamo sugli altri siti (al netto di quei pochi che sono privi di pulsanti social).    È possibile fare “opt out”, cioè dire al social di non utilizzare i dati esterni per personalizzare la pubblicità: con un’apposita opzione di privacy. Tuttavia, secondo la storica associazione Electronic Frontier Foundation (Eff), questa opzione non è sufficiente perché Facebook continuerà comunque a collezionare i nostri dati (solo, non li userà attivamente).
Eff già dal 2010 aveva previsto questo esito e aveva scritto a Mark Zuckerberg una lettera in cui gli chiedeva di tracciare solo gli utenti che sui pulsanti social ci cliccavano. Sappiamo che Facebook è sempre più necessario alla vita dei siti web, soprattutto quelli di informazione. Pubblicare pulsanti social è ormai una scelta impossibile da evitare, pena l’emarginazione nell’ecosistema web. Facebook può sfruttare questa situazione di forza, con ricadute non solo economiche- più la pubblicità è personalizzata, più è efficace- ma anche sulla nostra privacy, come nota Eff. Un recente studio della Stanford Graduate School of Business rivela che a un computer basta conoscere 250 nostri “Mi Piace” per battere il nostro partner nell’indovinare i nostri tratti psicologici. Con 70 “Mi Piace”, il computer ne sa di più di un nostro amico. Ne bastano dieci per battere un collega di lavoro. I “Mi Piace” dicono molti di noi, infatti: tendenze politiche, religiose, sessuali; se fumiamo, se assumiamo droghe eccetera.
La soluzione? Secondo Eff, il rispetto della privacy non dovrebbe essere più una questione su cui Facebook (e gli altri big, come Google) può decidere autonomamente, senza un forte vaglio da parte delle autorità. Una via potrebbeessere quindi – propone Eff – imporre ai big del web il rispetto delle opzioni “Do Not Track”, integrate ormai in molti browser. L’utente che le attiva chiede ai siti di non essere tracciato, ma sono pochi quelli che se ne curano. Facebook non è tra questi.

 

TOPICS:facebookprivacysocial network
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