Fu un genio precoce dell’informatica. Morì a 15 anni, il 12 ottobre 2006. Era già conosciuto e venerato in tutto il mondo. Il giovane «santo di Internet». Santo lo diventerà ufficialmente tra qualche settimana insieme a Pier Giorgio Frassati, con la canonizzazione del prossimo 7 settembre. Se ne andò per una leucemia fulminante.
Sono passati 19 anni, ma in questo tempo breve la rivoluzione digitale è avanzata e dilagata, e allora c’è una domanda capitale, che più d’ogni altra va rivolta alla mamma di Carlo Acutis, Antonia Salzano, ed è questa: cosa farebbe oggi suo figlio coi cellulari e coi social?
«Spegnerebbe. Cosa vogliono fare con i telefonini? Vogliono digitalizzare anche l’anima dei ragazzi? Il fine della tecnologia è il profitto. Dei media bisogna essere padroni, non schiavi. C’è un tema di vera e propria dipendenza. La libertà è un dono prezioso. Ecco perché sono sicura: oggi Carlo avrebbe spento», risponde la madre.
I libri ufficiali su Carlo Acutis
Antonia Salzano, nella sterminata bibliografia dedicata ad Acutis, è l’autrice degli unici quattro libri ufficiali sul suo ragazzo (da Il segreto di mio figlio, del 2021, a Santa messa santo me e Non io ma Dio, appena pubblicati, a Spiritual Insight, in uscita a settembre per l’editore Piemme, come tutti gli altri).
Perché Carlo amava l’informatica
Perché l’informatica affascinava così tanto suo figlio?
«Perché era un bambino e poi un adolescente del suo tempo. Ma correva veloce, tanto veloce da stupirci di continuo. A 9 anni già ci chiedeva e studiava libri usati al Politecnico, programmava in C, in C+, in Java, tutto da autodidatta. Montava video. Elaborò tutta al computer la mostra sui miracoli eucaristici che è stata rappresentata ormai in un numero incalcolabile di parrocchie in tutto il mondo, e continuano a chiedercela».
La tecnologia lo entusiasmava?
«Sì, ma con la chiara coscienza che fosse un mezzo. Un giorno a scuola la professoressa propose alla classe un tema con questo spunto: quando è che ti senti un genio? Lui iniziò dicendo: quando uso il computer. Poi cancellò: quando rendo felici gli altri. Percepiva i rischi della tecnologia, ne aveva consapevolezza».
Consapevolezza e passione
Già da bambino, o da ragazzino?
«A 8 anni desiderava una PlayStation, io non ero d’accordo, ma come capita spesso nelle famiglie, uno zio per farlo contento fece un “colpo di mano” e gliela regalò. Qualche tempo dopo gli capitò di leggere la notizia di una ricerca di scienziati americani sui rischi di dipendenza dai videogiochi. E allora si auto impose un limite: la usava massimo un’ora a settimana.
Carlo è stato incredibilmente precoce in tutto, e anche in questo: la tecnologia era una passione ma comprendeva il pericolo di diventarne schiavi, di perdere il senso critico del pensiero, la profondità dei rapporti umani. Carlo andava a messa ogni giorno e faceva le adorazioni eucaristiche, ma allo stesso tempo ogni giorno invitava i suoi compagni, li aiutava. Non ha mai voluto essere un santo di visioni o di stimmate, ma nell’ordinarietà, dentro la vita quotidiana».
Un messaggio per i genitori
Quando Antonia Salzano viene invitata a parlare del figlio in pubblico, aggiunge spesso un’esortazione per i genitori che la ascoltano: «Siamo impreparati, ma dire un no è fare il bene dei vostri ragazzi».
Vale anche, forse soprattutto, per la tecnologia. La madre del «santo di Internet» aggiunge sempre la frase più famosa di suo figlio: «Ognuno nasce originale, non bisogna morire come fotocopie».