
Un sondaggio condotto su 1051 medici italiani, sia convenzionati che non convenzionati, ha evidenziato una crescente richiesta di stabilità contrattuale, in particolare tra i medici più giovani e quelli che operano nel Sud Italia. Lo rileva una nota dello Snami, Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani. Davide Fabbrica, responsabile centro studi Snami che ha condotto la ricerca, rivela i dati: “Tra i medici convenzionati, il 62% desidera mantenere il proprio contratto. Tuttavia, al Sud emerge una tendenza opposta: il 59% preferirebbe un contratto di dipendenza, una percentuale significativamente più alta rispetto al Nord e al Centro (33%). I medici più giovani manifestano una maggiore insoddisfazione per i contratti attuali rispetto ai colleghi più anziani, evidenziando l’urgenza di una riforma contrattuale che possa rispondere alle loro esigenze. Gli uomini sono più propensi a preferire il mantenimento del status convenzionato (66%), ma tra loro una percentuale significativa (33%) vorrebbe passare a un contratto di dipendenza. Nelle donne spicca invece maggiormente la volontà il passaggio ad contratto di dipendenza (40%), considerato le scarse garanzie offerte dalla convenzione, ma ancora una percentuale significativa (58%) preferisce rimanere convenzionata”. “Questi dati confermano quanto il nostro sistema sanitario stia attraversando una fase critica”, dichiara Angelo Testa, Presidente dello SNAMI. “I medici italiani- osserva- sono costretti a scegliere tra la flessibilità del sistema convenzionato e la sicurezza del contratto di dipendenza, senza trovare una vera valorizzazione della loro professionalità. È necessario ripensare il sistema contrattuale per andare incontro alle esigenze di stabilità, soprattutto dei giovani e delle donne, oramai prevalenti in termini di forza lavoro, e al contempo preservare l’autonomia e l’efficienza che caratterizzano il modello convenzionato”. “Non possiamo ignorare il malcontento che emerge da questo sondaggio. È nostro dovere lavorare affinché i medici italiani possano operare in un contesto che li valorizzi e li supporti, per il bene del nostro sistema sanitario e dei pazienti”, conclude Testa.