
(di John Woods, CIO Asia, Banque Lombard Odier & Cie SA) Il Politburo del Partito Comunista Cinese ha annunciato un passaggio da una politica monetaria “prudentemente espansiva” a una “moderatamente espansiva”, il primo allentamento del genere dal 2011. Insieme a misure fiscali proattive, l’obiettivo è stimolare il consumo interno e stabilizzare i mercati finanziari. Tuttavia, questo non rappresenta un cambiamento sostanziale nelle politiche economiche, e gli sforzi di stimolo della Cina hanno deluso gli investitori in passato.
L’annuncio del 9 dicembre si inserisce in una serie di misure di stimolo messe in atto dalla Cina negli ultimi mesi, tra cui tagli dei tassi d’interesse, allentamento delle restrizioni sugli acquisti di case e un piano di swap di debito da 10 trilioni di RMB (1,4 trilioni di USD) per aiutare i governi locali a gestire i pagamenti in sospeso, compresi gli stipendi. Durante le due settimane tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, l’indice Shanghai Composite è salito di oltre il 30%, registrando il più grande rialzo degli ultimi quattro anni. Tuttavia, le reazioni del mercato da allora sono state miste, con le azioni cinesi che non sono riuscite a raggiungere nuovi massimi nonostante i provvedimenti di stimolo aggiuntivi.
I problemi strutturali della Cina rimangono irrisolti. Il mercato immobiliare continua a soffrire per un eccesso di case invendute o incompiute, mettendo sotto pressione i prezzi e creando effetti a catena per le banche e i mutuatari. Sebbene l’investimento come percentuale del PIL stia diminuendo, rimane più alto rispetto ad altre grandi economie, a indicare un sovrainvestimento continuo. La richiesta del Partito Comunista per “aggiustamenti contro ciclici straordinari” per stimolare il consumo e la domanda interna evidenzia la necessità di affrontare i problemi strutturali. Tuttavia, ci sono dubbi sulla capacità delle misure annunciate di raggiungere questi obiettivi.
Con l’avvicinarsi della sessione parlamentare annuale di Pechino all’inizio del 2025, ci si aspetta che l’obiettivo di crescita del PIL venga fissato intorno al 5%. Con la prospettiva di nuovi dazi sulle importazioni cinesi da parte dell’amministrazione Trump e una domanda interna debole, riteniamo che la Cina debba fare di più per compensare l’impatto sul commercio se vuole mantenere una crescita economica al livello attuale del 4,5%.
Abbiamo previsto un’ulteriore emissione di debito del governo centrale da 3 trilioni di RMB da metà settembre. La Conferenza sul Lavoro Economico Centrale (CEWC), che si terrà l’11-12 dicembre, dovrebbe fornire ulteriori indicazioni sulle politiche fiscali e monetarie. Potremmo vedere delle linee guida per misure aggiuntive per stimolare la domanda interna, che potrebbero valere fino a 1 trilione di RMB. Insieme, queste misure potrebbero influenzare il sentimento del mercato e le strategie di investimento.
Il passaggio a una politica monetaria “moderatamente espansiva” non rappresenta un cambiamento radicale nelle politiche economiche. La retorica di “allentamento straordinario” è incoraggiante per gli investitori internazionali, ma in passato abbiamo visto un divario tra i piani di Pechino e le aspettative degli investitori. Inoltre, le politiche fiscali spesso includono programmi di finanziamento interni che potrebbero non avere un impatto diretto sulla crescita. Questo, a nostro avviso, sottolinea la superiorità della politica monetaria per la stabilità economica generale rispetto alle misure fiscali.
Le sfide strutturali persistenti e le reazioni miste del mercato suggeriscono che un approccio cauto sia appropriato per gli investimenti in asset finanziari cinesi. L’efficacia delle misure recentemente annunciate nell’affrontare queste sfide sarà cruciale per determinare la futura traiettoria dell’economia cinese e dei suoi mercati azionari.
Data la prospettiva cauta e il potenziale limitato di rialzi, manteniamo la nostra esposizione attuale alle azioni cinesi attraverso gli indici dei mercati emergenti. Riteniamo che sia troppo presto per aumentare l’esposizione al rischio in Cina: senza misure politiche più decisive, il potenziale di guadagno delle azioni cinesi, rispetto ai loro pari nell’indice MSCI Emerging Markets, rimane limitato.