“I giovani non hanno voglia di lavorare. È questo il peggior luogo comune che spesso viene utilizzato per evitare di affrontare in modo corretto una serie di problematiche complesse”. Così ha commentato Manuela Kron, nella foto, Direttore Corporate Affairs & Marketing Consumer Communication del Gruppo Nestlé in Italia, in un post su Linkedln. Kron che è manager di un team dove oltre il 60% dei membri è sotto i 30 anni, sfata questo mito. Kron sottolinea come siano invece i profondi cambiamenti nei linguaggi, nella tecnologia, nei costumi e nei diritti a creare un gap generazionale, che può tradursi in incomunicabilità tra chi gestisce le persone e chi aspira ai posti disponibili.
“Credo che spetti di conseguenza ai primi il compito di fermarsi ad analizzare i codici sociolinguistici delle nuove generazioni e, ribaltando i pregiudizi, provare a trasformarli in un vantaggio competitivo,” afferma Kron. Questo richiede un impegno attivo da parte dei manager, spesso di età superiore ai 50 anni, per comprendere e adattarsi ai nuovi paradigmi introdotti dai più giovani.
Una strategia efficace che molte organizzazioni stanno adottando è il “reverse mentoring”, in cui i giovani “salgono in cattedra” per spiegare ai più esperti in che direzione sta andando la società e come gestire al meglio il progresso e il cambiamento senza traumi. Kron evidenzia come questa iniziativa possa aiutare le aziende a far emergere i talenti e a creare o rinforzare i legami transgenerazionali e crossfunzionali tra le persone.
“Ascoltare la parte più giovane della forza lavoro, e fare tesoro dei loro consigli e del loro modo nuovo e fresco di affrontare temi e sfide, venendo incontro a un diverso modo di vivere le ore dedicate al lavoro è un preciso dovere manageriale,” continua Kron. Liquidare la diversità generazionale con un “non vogliono lavorare” è solo una giustificazione data da chi ha perso la voglia di imparare e di mettere in discussione il paradigma del lavoro così come le precedenti generazioni lo hanno interpretato.
La manager invita quindi a un cambio di prospettiva, esortando i manager a vedere nei giovani una risorsa preziosa e non un problema. La loro capacità di adattarsi rapidamente alle nuove tecnologie e ai cambiamenti sociali può rappresentare un vantaggio competitivo significativo per le aziende che sapranno ascoltarli e valorizzarli.