Il reddito di cittadinanza ha permesso soltanto a due famiglie povere su 10 di fuoriuscire dalla condizione di povertà, con una spesa complessiva di oltre 34 miliardi di euro. Scarso, inoltre, è anche l’utilizzo da parte delle famiglie in povertà assoluta: meno di 4 su 10. Scarso anche il ricorso agli incentivi sulle assunzioni: meno di 2mila lavoratori. Lo spiega la relazione per la valutazione del reddito di cittadinanza (Rdc) e della pensione di cittadinanza (Pdc) pubblicata ieri dal ministero del lavoro.
I numeri
La relazione prende in esame l’intero periodo di vigenza delle misure Rdc e Pdc, cioè da aprile 2019 a dicembre 2023. Sulla base dei dati Inps, le famiglie che hanno percepito Rdc/Pdc, per almeno una mensilità, sono state circa 2,4 mln corrispondenti a 5,3 mln di persone.
Incidenza sulla povertà
La relazione valuta l’impatto dei sussidi e delle misure di politica attiva del lavoro e inclusione sociale sulla platea di famiglie e persone in condizioni di povertà assoluta. Delle famiglie stimate in povertà assoluta, hanno ricevuto il Rdc nell’anno 2020 il 34,5%; la percentuale sale al 38% nel 2021 e scende al 32,3% nel 2022. Dal punto di vista territoriale, tuttavia, l’andamento è anomalo. Ad esempio, nel 2022, del 21,5% di famiglie povere del Nord-Ovest, solo il 12,9% fruisce del Rdc; del 16,8% di famiglie povere del Nord-Est solo il 7,5% fruisce del Rdc. L’opposto al Sud: le famiglie che fruiscono di Rdc (41,7%) sono superiori a quelle povere (31,9%). Idem nelle isole: le famiglie povere sono il 14,6%, quelle beneficiarie il 24,6%. La relazione spiega che la discrepanza è dovuta al fatto che le famiglie che hanno diritto al Rdc e quelle in condizione di povertà sono due universi separati, parzialmente sovrapponibili. Infatti, per il Rdc l’indicatore di benessere è dato da redditi e patrimoni (valutati con l’Isee); invece, per la stima della povertà assoluta l’Istat tiene conto delle spese delle famiglie.
Poveri poco interessati
Le stime evidenziano la mancata partecipazione di un rilevantissimo numero di famiglie e persone in condizione di povertà e il contemporaneo accesso ai sussidi di una consistente quota, oltre il 40%, di soggetti non in condizioni di povertà. Come si spiega? Secondo la relazione è plausibile che ci sia stata una propensione a frammentare il nucleo familiare e a far ricorso a residenze fittizie per accedere in modo opportunistico ai sussidi. Infatti, l’Istat rileva la famiglia di fatto, ricongiungendo anche i nuclei fittiziamente separati in anagrafe.
Meno poveri
Circa gli effetti finali, l’erogazione del Rdc ha permesso a 404mila famiglie nel 2020, a 484mila famiglie nel 2021 e a 454mila famiglie nel 2022 di uscire dalla condizione di povertà o di non ricadervi. Rispettivamente si tratta del 16,6%, del 19,3% e del 17,1% delle famiglie stimate in povertà assoluta. Infine, relativamente agli effetti sull’occupazione, la relazione spiega che più di un occupato irregolare su 8 appartiene a nuclei beneficiari di Rdc, per un tasso di irregolarità tre volte superiore a quello calcolato sui non beneficiari: 26,2% rispetto all’8,3% nell’anno 2019 (30,1% nel mezzogiorno).
ItaliaOggi