
Un territorio ancora tutto da bere. È quello tutelato dal consorzio Roma Doc, la cui produzione vitivinicola sta vivendo una stagione di riscoperta da parte di intenditori ed appassionati. Estesi su una superficie di circa 28mila ettari che abbracciano i territori litoranei, la Sabina romana, i Colli Albani, i Colli Prenestini e parte della campagna romana, i vigneti di questa giovane denominazione nata nel 2011 sono rimasti in passato all’ombra di altre più note. Una tendenza oggi invertita, stando ai numeri. “Siamo arrivati a 47 produttori e imbottigliatori per oltre settanta referenze, che crescono ogni giorno, soprattutto in questo periodo in cui c’è l’uscita dei nuovi prodotti – spiega all’AGI il presidente del Consorzio, Tullio Galassini (nella foto) -. Negli ultimi anni siamo cresciuti in maniera esponenziale, arrivando da un milione e 800mila fino a due milioni di bottiglie all’anno. Una soglia importante, che contiamo di superare nel 2023. Gli ettari attualmente vitati sono 305”. “Tenendo presente un prezzo medio del doc Roma ormai sopra i 6 euro e 50, il valore del comparto si attesta intorno ai 13 milioni di euro” aggiunge ancora il presidente, che ieri ha incontrato esperti e stampa di settore a Roma, in un tasting pensato per far conoscere le etichette del Consorzio, quinto ad ottenere il riconoscimento di tutela del vino nel Lazio nel 2018, dopo quelli di Frascati, Cesanese del Piglio, Marino e Atina. “Il nostro territorio è forse il più vocato per la produzione vitivinicola a livello internazionale, grazie alle sue caratteristiche geografiche. Si tratta di una zona vulcanica che, al tempo stesso, ha l’opportunità della vicinanza del mare e, inoltre, è protetta dai venti freddi del Nord e da quelli caldi del Sud. Il nostro famoso ponentino crea una zona di produzione unica”. Il Roma doc comprende i vitigni bianchi di Malvasia, Bellone, Bombino bianco, Trebbiano. Per i rossi, invece, Montepulciano, Cesanese e Sangiovese, come ricorda Galassini: “Il mercato della nostra denominazione sta crescendo anche grazie alle nostre varietà autoctone. Penso alla Malvasia del Lazio ma soprattutto al Montepulciano che, dobbiamo ricordare, non è un vitigno autoctono dell’Abruzzo ma dello Stato della Chiesa. Ossia, di Roma”. Ma qual è il vitigno che più di tutti sta trainando la crescita del Roma doc? “Sicuramente la Malvasia puntinata – spiega Galassini -. Questo tipo di vitigno sta riscontrando un importante successo perché rappresenta una varietà estremamente particolare. A livello nazionale, infatti, è l’unica con un sentore tropicale così estremamente spinto e aperto. Merito del territorio vulcanico, che ci da forza e ci rende speciali”.