Il farmaco gabapentin, comunemente usato per prevenire le convulsioni, potrebbe contrastare gli effetti negativi del glioblastoma e ridurre il rischio di declino cognitivo associato alla malattia. A scoprirlo gli scienziati dell’Università della California a San Francisco, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Nature per descrivere i risultati del proprio lavoro. Il team, guidato da Shawn Hervey-Jumper e Saritha Krishna, ha utilizzato un modello murino per valutare l’efficacia di un farmaco noto negli animali con glioblastoma. Questa aggressiva forma di cancro, spiegano gli esperti, è considerata molto difficile da trattare e può alterare le facoltà mentali dei pazienti. I ricercatori hanno scoperto che l’attività neurale in questi tumori può ristrutturare le connessioni nel tessuto cerebrale circostante, provocando declino cognitivo. Gli autori hanno somministrato il farmaco gabapentin, comunemente usato per prevenire le convulsioni, in un gruppo di topolini e i risultati sono stati molto incoraggianti. Il medicinale sembrava infatti inibire l’attività delle cellule cancerose e proteggere i pazienti dal declino cognitivo. “Il glioblastoma è un cancro aggressivo molto pericoloso – afferma Hervey-Jumper – abbiamo urgentemente bisogno di terapie efficaci contro questa forma neoplasica. Il nostro lavoro apre le porte a un intero mondo di possibilità di trattamento per i pazienti oncologici con cancro al cervello”. I ricercatori hanno reclutato volontari in attesa di intervento chirurgico per il glioblastoma i cui tumori si erano infiltrati nella regione del cervello che controlla il linguaggio. Poco prima dell’operazione, l’equipe ha posizionato una griglia di minuscoli elettrodi sulla superficie della regione cerebrale per monitorare l’attività del cervello. Ai partecipanti sono state mostrate immagini di vario genere ed è stato chiesto loro di descrivere cosa stessero osservando. I risultati ottenuti sono stati quindi poi confrontati con quelli associati ad altre regioni cerebrali negli stessi individui. Il team ha quindi scoperto che le regioni cerebrali infiltrate dal tumore dei partecipanti utilizzavano una rete neurale più ampia dell’area cerebrale considerata nel tentativo di identificare ciò che stavano vedendo. Questo tentativo di accomodazione, osservano gli autori, potrebbe dipendere dal degrado della capacità di elaborazione delle informazioni nell’area cerebrale interessata dal tumore. “Il declino cognitivo – spiega Hervey-Jumper – sembra pertanto dipendere da questa interazione tra le cellule, piuttosto che dall’infiammazione o dalla crescita della massa cancerosa. La neoplasia si integra quindi nei circuiti cerebrali, rimodellando il modo in cui si comportano”. Il gabapentin, impiegato per il trattamento delle convulsioni in quanto riduce l’attività elettrica in eccesso nel cervello, sembrava inibire la crescita del tumore. “La nostra ipotesi – commenta Krishna – è che la combinazine di questo farmaco con altre terapie mirate potrebbe ridurre significativamente il declino cognitivo associato al glioblastoma. Abbiamo ripensato al modo in cui guardiamo al cancro”. “Questa nuova prospettiva – conclude Hervey-Jumper – potrebbe essere utile anche per sviluppare approcci mirati contro altri tumori del sistema nervoso. L’idea che ci sia una conversazione tra cellule tumorali e cellule cerebrali sane è una sorta di cambio di paradigma, ma sembra proprio che le reti di comunicazione tra le cellule possano svolgere il ruolo di circuito di feedback positivo, per cui potrebbero essere considerate i bersagli principali dei trattamenti anti-cancro di prossima generazione”.