Per essere in linea con gli altri Paesi europei in Italia servirebbero almeno 30mila medici e 250mila infermieri in più, con un investimento stimato in 30,5 miliardi. E’ quanto rileva il rapporto Crea Sanità dell’Università di Roma Tor Vergata. Secondo il report la spesa sanitaria dal 2000 al 2021 è cresciuta in Italia del 2,8% medio annuo, la metà rispetto agli altri Paesi Ue di riferimento.”Per recuperare il passo degli altri Paesi servirebbe, quindi, una crescita annua del finanziamento di 10 miliardi di euro per 5 anni, più quanto necessario per garantire la stessa crescita degli altri Paesi europei presi a riferimento, ovvero altri 5 miliardi di euro”. Se non aumentano i finanziamenti, segnalano gli autori del documento, “l’attuale assetto delle “garanzie” del SSN non è di fatto più sostenibile e bisognerà ridefinirlo. In altri termini, se non sideterminerà una crescita adeguata o non si creeranno condizioni che fermino la perdita di risorse umane e aprano la strada all’accesso alle innovazioni, si dovrà passare a una logica di universalismo selettivo, che privilegi l’accesso dei più fragili (ma con un impatto non indifferente sull’equità del sistema sanitario)”.
Tra i punti più critici, proprio la carenza di medici e sanitari, per la quale “l’Italia dovrebbe investire 30,5 miliardi di euro, se volesse allinearsi agli organicidi professionisti sanitari dei Paesi EU di riferimento, senzatenere conto del maggiore bisogno derivante dall’età media più alta della popolazione. Questo perché, sempre rispetto alle medie EU, in Italia, i medici ogni 1.000 abitanti sono sì un po’ di più, ma se si considera la popolazione over 75 ne potrebbero mancare circa 30mila e per il riequilibrio se ne dovrebbero assumere almeno 15mila ogni anno per i prossimi 10 anni, mettendo in conto le dinamiche annuali di pensionamento (circa 12mila l’anno, essendo in media più anziani). La carenza di infermieri è anche più grave: supera le 250mila unità rispetto ai parametri EU e, comunque, solo per il nuovo modello disegnato dal PNRR ne servirebbero 40-80.000 in più. In questo caso, di nuovi infermieri ne servirebbero 30-40.000 l’anno (anche qui considerando il numerodi pensionati/anno: circa 9mila), numero irraggiungibile anche perché la propensione a intraprendere la professione in Italia (scarsa attrattività legata sia a questioni economiche che di carriera) è un terzo che negli altri Paesi EU. Né l’Italia può far conto di attrarre professionisti dall’estero: entrano nel nostro Paese meno dell’1% dei medici, contro il 10% (fino al 30%) negli altri Paesi; analogamente, vengono dall’esteromeno del 5% degli infermieri contro percentuali del 15% nel Regno Unito e del 9% in Germania”.
Inoltre “I medici italiani, oltre a essere pochi, guadagnano in media il 6% in meno e gli infermieri in media il 40% in meno dei loro colleghi europei e se, oltre agli organici, si volesse considerareanche la necessaria rivalutazione delle retribuzioni, l’onere per la spesa corrente del SSN crescerebbe a 86,8 miliardi di euro. Senza risorse e senza personale è anche impossibile – sottolinea il report – recuperare il 65% di prestazioni persedurante la pandemia, di cui hanno sofferto soprattutto i “grandi anziani”: il 70% degli over 80 registra un peggioramento dellostato di salute, soprattutto nei centri maggiori e nel Nord-Ovest, e il 50% di loro ha speso di più privatamente per bisogni sanitarie sociali”. Il SSN insomma, secondo il rapporto Crea, ha tre sfide principali da affrontare: “ridurre le sperequazioni (obiettivo principe di unservizio pubblico), adeguare le dotazioni organiche (condizione necessaria per ammodernare il SSN) e rimanere, allo stesso tempo, sostenibile. I primi due obiettivi richiedono risorse aggiuntive rilevanti, ma il terzo si scontra con strada della “sobrietà”, quella concretamente prevista nei documenti di finanza pubblica, che allocano per la Sanità risorse che, però, il Rapporto mostra essere lontane dai volumi che sarebbero richiesti per un”allineamento” del SSN italiano a quelli dei Paesi europei di riferimento; distanza che dimostra l’insostenibilità attuale, di fatto, del SSN”.