Gli edifici da ristrutturare entro il 2033 oscillano tra i 3,1 e i 3,7 milioni. Ma la priorità sono gli edifici più energivori – quelli con cui attraverso il minimo investimento è possibile ottenere un risultato immediato – e quelli della popolazione economicamente più svantaggiata. Secondo le stime della commissione europea a tanto ammontano il numero di abitazioni residenziali colpite nei prossimi 10 anni dalla revisione della Direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (Epbd) attualmente in fase di discussione al parlamento europeo in vista del voto della commissione Industria, Ricerca ed Energia (Itre) del 9 febbraio. Gli eurodeputati avrebbero dovuto esprimersi il 24 gennaio, ma l’appuntamento è stato posticipato per consentire lo smaltimento degli oltre 1.500 emendamenti presentati alla proposta della commissione europea.
La proposta di direttiva prevede un nuovo sistema di Certificazione energetica degli edifici chiuso – dalla classe A alla classe G – che tuttavia si discosta dall’attuale sistema in vigore. Ed è all’interno di questa novità che la stima delle ristrutturazioni richieste dalla commissione europea non può essere calcolato attraverso la attuale classificazione degli edifici.
In particolare, la commissione stima che del totale patrimonio immobiliare abitativo residenziale -12,2 milioni di edifici in Italia – solo il 15% cadrà all’interno della categoria più inquinante e per cui sarà richiesto di passare alla categoria F entro il 2027 e al 2033 nella classe E.
Secondo l’articolo 16 della direttiva, “la lettera G corrisponde al 15% degli edifici con le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale al momento dell’introduzione della scala. Gli stati membri assicurano che le restanti classi (da B a F) abbiano una distribuzione uniforme della larghezza di banda degli indicatori tra le classi di prestazione energetica”.
È previsto, inoltre, un numero di eccezioni per edifici che non sono abitati più di 4 mesi all’anno, come ad esempio le seconde case, o ancora per gli edifici storici. In particolare, questo tipo di edifici non sarà esentato da un aggiornamento energetico, ma gli stati membri possono prevedere delle regole ad hoc con interventi di miglioramento.
Per quanto riguarda i possibili rischi sull’inflazione e l’aumento dei prezzi – come già accaduto per il Superbonus italiano – la commissione vuole prevedere regole chiare fin da subito in modo che il mercato possa prepararsi alla domanda e che le imprese possano garantire una adeguata offerta.
È quindi da verificare attraverso opportuni meccanismi se l’aumento dei prezzi sia legato ad una specifica mancanza strutturale di prodotti.
Ma la proprietà della commissione è quella di chiedere un immediato miglioramento degli edifici più energivori, quindi quelli per cui il minimo investimento potrebbe produrre il massimo risultato e soprattutto per la fascia della popolazione economicamente più svantaggiata. In particolare, questo può avvenire sia attraverso i fondi del Pnrr, attraverso i fondi europei di sviluppo regionale e il fondo sociale per il clima. Ulteriore necessità è quella di mobilitare i capitali privati attraverso strumenti finanziari innovativi.
Da considerare, inoltre, che l’applicazione della direttiva chiederà regole tecniche che permetteranno agli stati membri una implementazione ragionata, sulla base delle necessità nazionali.
Da parte sua Confedilizia ha sottolineato che se la proposta di direttiva non dovesse essere modificata nella parte relativa alle tempistiche e alle classi energetiche, dovranno essere ristrutturati in pochi anni milioni di edifici residenziali.
Senza considerare che in moltissimi casi gli interventi richiesti non saranno neppure materialmente realizzabili, per via delle particolari caratteristiche degli immobili interessati. Inoltre, i tempi ridottissimi determineranno una tensione senza precedenti sul mercato, con aumento spropositato dei prezzi, impossibilità a trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti.
Secondo i costruttori edili di Ance dei 12 milioni di immobili presenti in Italia, oltre 9 milioni risultano particolarmente inquinanti e non sono in grado di garantire le performance energetiche richieste.
Matteo Rizzi, ItaliaOggi