Nel primo semestre del 2022 il numero di assunzioni in Friuli Venezia Giulia nel settore privato (esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli) è aumentato del 27,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (da 67.500 a 86.000, circa 18.500 unità in più). Le rende noto l’Ires Fvg su dati Inps. La crescita ha riguardato tutte le principali tipologie contrattuali; in termini percentuali è stata particolarmente accentuata per i rapporti a tempo indeterminato, che sono cresciuti di quasi il 50% rispetto al primo semestre 2021 (da 8.600 a 12.700). Da considerare che la prima parte dello scorso anno era ancora caratterizzata dalle restrizioni per fronteggiare l’emergenza sanitaria, che hanno penalizzato diversi settori, in particolare quello turistico e della ristorazione. Inoltre, i dati illustrati non fotografano ancora l’attuale clima di incertezza e le criticità che già si preannunciano per quanto concerne l’inflazione, la perdita di potere d’acquisto delle famiglie e la crisi energetica. Il numero complessivo di assunzioni registrato nei primi sei mesi dell’anno in regione è risultato comunque superiore (di oltre 7.000 unità) anche a quello del primo semestre 2019, l’anno precedente alla pandemia. Tra gennaio e giugno 2022 – precisa ancora l’Ires – sono aumentate anche le interruzioni dei rapporti di lavoro (da 49.000 a 68.000, quasi il 40% in più). Le dimissioni dei lavoratori sono sempre più diffuse e costituiscono la motivazione di gran lunga principale della conclusione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Nel 2014 le dimissioni davano conto di poco meno della metà di tutte le cessazioni a tempo indeterminato, a partire dal 2021 la loro incidenza supera il 75% (nei primi sei mesi di quest’anno è stata pari al 75,7%). In provincia di Pordenone nell’ultimo biennio tale incidenza ha superato l’80% ed è una tra le più elevate d’Italia assieme a tre province venete: Treviso, Vicenza e Belluno. Questo risultato sembra confermare che il Nordest rimane una delle aree del Paese più dinamiche dal punto di vista economico e dove maggiori sono le opportunità per chi vuole cambiare occupazione. Le cessazioni di natura economica hanno un peso sempre minore, da quasi il 40% nel 2014 a valori vicini al 10% nell’ultimo triennio, anche per effetto del blocco dei licenziamenti che era stato deciso dal Governo. Nel tempo è invece aumentata il peso dei licenziamenti disciplinari dei lavoratori a tempo indeterminato (dal 2,5% del totale nel 2014, all’attuale 6,1%).