Il comparto nazionale del cappello ha registrato nel primo trimestre di quest’anno una crescita sia delle esportazioni, che hanno toccato 84,3 milioni di euro (+42% sullo stesso periodo del 2021, +105,5% rispetto al 2020, +103,4% verso il 2019), che delle importazioni, arrivate a 49,3 milioni di euro (+52% sul 2021, +63,1% sul 2020, +58,9% sul 2019. I dati sono stati diffusi dalla Federazione Italiana Industriali dei Tessilivari, che parla di un rimbalzo non scontato e che, per la prima volta dall’avvento della crisi pandemica, sembra essere lineare per tutte le tipologie di prodotto. Un riferimento diretto in particolare alla produzione dei cappelli di paglia, che pur avendo già invertito la rotta, hanno registrato nel primo trimestre un aumento dell’export a 7,5 milioni, +27,6% sul 2021, +5,1,% rispetto al 2020, anche se -15,5% sul 2019; anche meglio l’import a 4,6 milioni, +91,7% sul 2021, +27,5% rispetto al 2020, +4,1% nei confronti del 2019.
Per le aziende italiane, il paese maggior fornitore resta la Cina con 18,5 milioni di euro (+61,1% sul primo trimestre 2021), mentre le esportazioni principali finiscono in Svizzera (16,4 milioni, +9,5%), dove sono presenti quasi tutte le piattaforme logistiche e distributive delle principali multinazionali del comparto del lusso.
“Nel prosieguo del 2022, questo segmento dovrà tenere conto degli effetti collaterali delle ancora più dure e inevitabili sanzioni e restrizioni imposte dall’Europa alla Russia – ha spiegato Paolo Marzialetti, vice presidente della Federazione Tessilivari – che si aggiungono a quelle più lievi che erano già in essere dal 2014”. I cappelli italiani sono stabilmente presenti in Francia e Germania, rispettivamente secondo e terzo mercato di sbocco; seguono ma in forte recupero gli Stati Uniti, mentre per la prima volta dopo la Brexit, si è tornati a crescere nel Regno Unito.