Rimangono alzate le barriere per l’accesso a prodotti e servizi anche digitali tanto che in Italia il 97% dei siti internet non è ancora navigabile da persone con disabilità come ciechi, ipovedenti, non udenti, daltonici, epilettici, utenti che non possono utilizzare il mouse. E se c’è stato un fenomeno che ha amplificato questa criticità è stato il Covid che però, per contro, ha fatto anche in modo che venisse posta una maggiore attenzione nei confronti del problema della digitalizzazione.
“Tra le varie eredità che ci portiamo dietro dalla pandemia da Covid 19 vi è il fatto di aver posto maggiormente il problema dell’accessibilità ai servizi digitali da parte di cittadini con disabilità che, improvvisamente, si sono trovati a dover svolgere una lunga serie di attività, come ad esempio accedere a servizi pubblici, online” spiega Luca Manara, Ceo e Co Founder della piattaforma tecnologica Unguess che ha pubblicato i 4 step grazie ai quali è possibile adeguarsi a nuove linee guida e fornire i propri prodotti o servizi digitali in maniera completamente accessibile e inclusiva.
Per Unguess bisogna partire dall’organizzare sessioni formative dedicate al proprio team di produzione; quindi testare i prodotti digitali, ovvero valutare la conformità del prodotto digitale rispetto alle più recenti linee guida per l’accessibilità dei contenuti web (Wcag2.1) che servono a valutare se il sistema è utilizzabile da parte del maggior numero di utenti possibili, senza discriminazione, inclusi gli utenti con disabilità; remediation, ovvero se presenti in questo step si lavora per eliminare le barriere di accessibilità per persone con disabilità; infine il crowdtesting, fase in cui vengono effettuati test di valutazione dell’usabilità eseguiti direttamente da utenti con disabilità. “Al giorno d’oggi, un’azienda attenta all’inclusività digitale possiede un vantaggio reputazionale nonché competitivo sugli altri non indifferente” avverte Manara.
Adnkronos