“L’emicrania è una patologia molto comune, si stima colpisca fino al 24% della popolazione italiana, ovvero ben 15 milioni di persone. Rappresenta la terza patologia più frequente nell’uomo, oltre che la seconda più disabilitante: più di 4 milioni di persone in Italia hanno almeno 5 episodi di emicrania al mese, arrivando in alcuni casi a sperimentare mal di testa ogni giorno”. E’ quanto emerge dai dati dello studio I-GRAINE promosso dall’Irccs San Raffaele e presentato ieri mattina in Senato durante una conferenza stampa su iniziativa della presidente della Commissione igiene e sanità, Annamaria Parente.
Il progetto registro italiano dell’emicrania I-GRAINE è una iniziativa nazionale multicentrica “unica al mondo”, si spiega in una nota, con finalità epidemiologiche, cliniche, di sanità pubblica e di ricerca studiata “per raccogliere sistematicamente i dati dei pazienti affetti da emicrania afferenti nei diversi centri-ambulatori cefalee italiani”. Allo studio partecipano infatti ben 38 centri italiani. Donna, 45 anni, con scolarità superiore, sposata, con almeno un figlio, lavoratrice, non pratica sport, ha disturbi del sonno e spesso presenta altre comorbilità: è l’identikit del paziente ‘tipo’ che afferisce ai centri cefalee italiani. Paziente che ha una storia di malattia di circa 27 anni e presenta in media 9.6 giorni al mese di emicrania con intensità e disabilità molto elevate. Solo il 38.1% dei pazienti aveva già consultato un centro cefalee (in media 1.25 centri). Un paziente su 9 (11.2%) ha avuto in media 1.7 accessi al PS nell’anno corrente per l’emicrania.
Per quanto riguarda le cure, gli analgesici tradizionali – emerge dallo studio – sono efficaci solo in un caso su due. Al momento della visita il 78% dei pazienti sta eseguendo una terapia profilassi. La risposta alle profilassi tradizionali è scarsissima (dal 5.4% al 35% dei casi) mentre ottima è la risposta agli anticorpi monoclonali (fino al 79% di casi). Inoltre, il 36.4% dei pazienti che non ha risposto dopo 3 mesi agli anticorpi monoclonali, risponde in realtà entro il 4°-5° mese. “Questo dato – si spiega nello studio – impone di estendere da 3 a 6 mesi il termine Aifa per verificare l’efficacia di questi trattamenti”.
Sul fronte del peso economico la ricerca rivela che l’emicrania “è responsabile del 5.6% di tutti gli anni vissuti con disabilità (Years of Life lived with Disability -YLDs) e nelle persone di età compresa tra 15-49 anni è considerata la prima causa di YLDs con conseguenti ricadute in termini di perdita di produttività”. Il carattere invalidante della patologia e l’elevata prevalenza in età lavorativa fanno dell’emicrania una malattia sociale con alti costi economici diretti e indiretti (perdita di produttività, perdita fiscale e costi a carico del sistema previdenziale). In particolare, in Italia un recente studio ha permesso di stimare la spesa annua per singolo paziente pari a 1.482 euro. L’82.8% del costo totale (1.227 euro) è stato coperto dal Servizio sanitario nazionale. La principale voce di spesa sono i farmaci che hanno rappresentato l’86.8% ( 1.286 euro), seguiti da visite specialistiche (10.2%), ricoveri per (1.9%), test diagnostici per (1%) e visite al pronto soccorso (0.1%). I costi risultano essere significativamente più alti per le donne rispetto agli uomini (1.517 contro 1.274 euro) e aumentano con l’età. Il costo diretto annuale di Chronic Migraine (CM) risulta essere 4.8 volte superiore a quello di Episodic Migraine (2.037 contro 427 euro).
I dati a livello internazionale stimano un costo annuo complessivo per paziente (costi diretti e perdite di produttività) equivalente a circa 11.300 euro, più alto rispetto a pazienti con diabete, circa 8.300 euro, o di pazienti con insufficienza renale cronica, tra i 7.000 e i 9.600 euro.
“L’emicrania – spiega Piero Barbanti, responsabile scientifico del Centro cefalee e dolore neuropatico dell’Irccs San Raffaele – è la seconda malattia più disabilitante del genere umano ma rimane un personaggio in cerca di autore, del quale non sono noti a tutti le dimensioni, la disabilità, i drammi e le cure. I dati sino ad ora raccolti dallo studio, cominciato nel secondo semestre del 2021, confermano di fatto le enormi lacune nella diagnosi e nella terapia della patologia e l’imponente spreco di risorse economiche ma identificano anche strategie di azione per rendere curabile e sostenibile questa malattia neurologica. La riduzione, tramite i dati del registro, degli sprechi di denaro per esami inutili, può consentire di allocare maggiori risorse economiche per i modernissimi farmaci per l’emicrania, oggi purtroppo riservati a un numero troppo ristretto di pazienti per via del costo”. “Saremo finalmente in grado – conclude Barbanti – di dare numeri al fenomeno emicrania, di ‘contarli per poter contare’, conferendo una sorta di passaporto biologico al paziente malato per migliorare la sua vita e ridurre gli sprechi di risorse sanitarie”.