In Sardegna il 37% delle imprese ha ridotto addetti, spazi o impianti, una percentuale più altra rispetto al 30% nazionale e il dato più alto fra le regioni dopo il Trentino Alto Adige.
Stritolato dai rincari dell’energia, dalla mancanza di liquidità e dal difficile accesso al credito, solo il 38% degli imprenditori sardi, dopo due anni di pandemia, guarda con fiducia alla prima parte del 2022. Quanto abbia pagato il sistema delle imprese nell’isola per la crisi causata dal Covid è sintetizzato in un’analisi del Centro studi della Cna regionale basata su dati Istat raccolti con un’indagine del novembre 2021.
In Sardegna le imprese con più di tre addetti sono circa 23.300 e impiegano oltre 197 mila occupati, pari a circa il 65% del totale. In un contesto economico regionale incerto il sistema delle pmi sarde non riesce a tenere i ritmi di crescita del resto d’Italia. L’11% delle aziende interpellate è preoccupato soprattutto dal caro energia, mentre oltre un quinto lamenta carenza di liquidità. A giugno 2021 il tasso di interesse medio pagato dalle imprese sarde era uno dei più elevati in Italia e il 26% delle imprese è dovuto ricorrere a crediti con garanzia pubblica per finanziare l’attività corrente, aumentare le scorte di liquidità a scopo precauzionale o riparare debiti.
“Sul caro energia ci attendiamo un immediato intervento del governo che compensi parte dei costi sostenuti dalle aziende”, chiedono Luigi Tomasi e Francesco Porcu, presidente e segretario regionale della Cna sarda. “Sulla carenza di liquidità la Regione istituisca un Fondo rotativo di piccolo credito per le imprese di piccola dimensione, le più esposte alle restrizioni sul credito”.
Per molte imprese sarde uno dei nodi del 2022 – prospetta la Cna – sarà l’incapacità di fare fronte ai costi operativi tra cui quelli dell’energia.