Resistere e insistere. Può racchiudersi in queste due parole il percorso che ha portato il ristorante Tre Olivi di Paestum a conquistare, in un sol colpo, due stelle Michelin. Un caso raro, che spicca nella 67esima edizione della celebre Guida in cui si legge che il Tre Olivi “merita una deviazione” perché è “una esperienza gastronomica sensoriale e territoriale”. “Non ho realizzato ancora bene quanto successo”, dice all’AGI lo chef Giovanni Solofra, nella foto, neo incoronato. “Il ritorno in cucina sarà il momento in cui, forse, tutto diventerà chiaro. Al momento, è una pazza gioia, un sogno che si realizza. Ma c’è anche la voglia di poter essere un esempio che, se si lavora con dedizione e si crede nei propri sogni, si può arrivare”, aggiunge. Il suo è l’unico ‘due stelle’ della provincia di Salerno. E questo rappresenta una responsabilità “non solo professionale o lavorativa, quindi di operatività per quello che è il mio artigianato – confida lo chef – perché, nella quotidianità, sviluppo un lavoro di artigiano insieme con tutti i miei ragazzi per offrire un’esperienza che sia ad hoc per i nostri clienti. E credo che sia stato questo il vero legame con il risultato raggiunto”. “Mai come adesso, per quello che è stato l’interesse che Michelin ha dato alla Campania, penso che sia arrivato il momento di una grande coesione. Bisogna mettere in comunicazione tutte le piccole realtà, stellate e soprattutto non stellate, perché facciano rete e perché questa occasione che ci è stata data trasformi la provincia di Salerno e, in particolare, il Cilento, in una nuova food valley, una destinazione di vacanza per chi ama la buona tavola e il buon vivere, colonne portanti del nuovo turismo”, il suo ragionamento. Solofra, 39 anni, ritiene la sua una carriera “sliding doors”. Dopo il liceo scientifico e l’università alla Federico II di Napoli, “ho iniziato in cucina durante le vacanze estive – racconta – poi le prime esperienze importanti in un tre stelle Michelin in Spagna. Da lì, non mi sono più fermato. Sono arrivato in Sicilia; poi il lungo sodalizio con Heinz Beck a Roma. Nel 2018 a Taormina, ho avuto la mia prima stella Michelin”. Quindi, l’arrivo a Paestum, al Tre Olivi in pieno lockdown, ma dove è emersa chiara, sin da subito, “la lungimiranza della famiglia Pagano (titolari del Savoy Beach Hotel che ospita il ristorante che è ora tra i 38 italiani pluristellati, ndr) di volerci credere in un momento dove era scoraggiante aprire anche un fast food”. A marzo 2020, l’avvio del progetto che porta dritto, oggi, all’ambito riconoscimento, “un primo scalino, anzi il piano terra” del suo sogno. Per lo chef, “la vera forza della nostra proposta e del mio lavoro è il fatto che siamo un duo con Roberta Merolli”. Conosciuta durante l’esperienza romana, Merolli è anche sua compagna di vita. “Professionalmente siamo due entità molto distinte che hanno una dedizione in comune. E questo ha fatto sì che ci fosse un doppio innamoramento, nella vita e nella professione. Non riuscirei a lavorare con nessun altro se non con lei. Questo ci aiuta anche a sopportarci lontano dalla cucina”. Un connubio che funziona e che fa del ‘Latte Futuro’ il piatto che più lo rappresenta, quello “che racconta un po’ più di me”. “Non è altro che la rivisitazione dell’antica colazione di pane abbrustolito e latte. Ed è un piatto che più identifica la nostra voglia di rivedere la memoria, dando una nuova forma, ma dalla sensazione e dal ricordo della più antica colazione italiana. Ed è completato, in tavola, da un filo di caffè”, spiega lo chef. Per il titolare del Tre Olivi, Salvatore Pagano, “regalo più bello non potevamo avere. Dopo due anni di grandi sfide, è sembrato il dono più bello, non solo per noi, ma per tutto il territorio”.