Borse internazionali con il vento in poppa a ottobre, portato a ‘casa’ con il recupero delle perdite accumulate a settembre e inanellando una serie di record. Piazza Affari si è riportata ai livelli di 13 anni fa assimilando finalmente la ‘crisi’ coincisa con il crac di Lehman Brothers. Wall Street, invece, ha addirittura raggiunto i propri massimi storici, con il Nasdaq e l’S&P 500 che hanno toccato livelli mai visti in precedenza. All’orizzonte, però, un mese di novembre carico di incertezze per i mercati finanziari che potrebbero rivedere i risultati raggiunti nelle ultime ottave. L’incognita maggiore ha un nome ormai nel lessico comune anche di chi la finanza la mastica di meno: il tapering. Ovvero la riduzione degli acquisti straordinari di titoli di Stato da 120 miliardi di dollari. Mercoledì si riunirà il Federal open market committee (Fomc) della Federal Reserve per una decisione definitiva sul tema, con il governatore Jerome Powell che venerdì ha già anticipato che “è tempo di iniziare il tapering, anche se non credo che sia il momento di alzare i tassi d’interesse”. Sta di fatto che la marcia indietro della Banca centrale statunitense dalle misure adottate per sostenere e stimolare l’economia americana durante la pandemia potrebbe contribuire al rallentamento dell’economia Usa, sostengono gli analisti; il tutto in un momento in cui l’inflazione sta contemporaneamente rialzando la testa. Un combinato che potrebbe riflettersi inevitabilmente su interventi alla politica monetaria americana, con la necessità di dover ricorrere a un rialzo dei tassi d’interesse Usa. In Europa il quadro appare meno complesso, invece. L’economia sembra crescere con maggiore fiducia, l’inflazione – sebbene sembri destinata ad aumentare – rimane ai livelli auspicati dalla Bce che, a sua volta, si mostra ancora prudente quando si affronta il tema sull’estensione del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pepp), la cui scadenza al momento è fissata al prossimo mese di marzo. Se per ora il piano di acquisti da 20 miliardi al mese (il cosiddetto quantitative easing europeo) prosegue normalmente, il dibattito sulla sua riduzione e, in genere, sul rientro dalle politiche di sostegno alle economie europee terrà impegnati i banchieri centrali del Vecchio continente. E di conseguenza le eventuali ripercussioni sui listini europei dovrebbero essere meno accentuate rispetto a quanto potrebbe avvenire oltreoceano. Su posizioni guardinghe la Banca centrale inglese, che sembra voler aspettare le mosse di Stati Uniti e della Bce prima di adottare nuove strategie. Il dibattito tra i nove membri del Comitato di politica monetario della Bank of England viene segnalato, per usare un eufemismo, “molto acceso”: se nella riunione di settembre votarono all’unanimità per confermare il bank rate allo 0,1% (minimo storico), sempre in quell’occasione due membri votarono per ridurre il programma inglese di sostegno all’economia, un programma da 895 miliardi di sterline che quindi potrebbe, se non terminare, essere ridotto entro la fine del 2021. Di sicuro, gli acquisti di asset e obbligazioni continueranno per almeno tutto ciò che rimane del 2021, in attesa di vedere come si comporta soprattutto la Federal Reserve, che spesso ‘ispira’ le mosse di Londra.