Dopo l’estate, le sfide per il settore bancario vanno dalla messa in sicurezza definitiva del Monte dei Paschi alla corsa per sfruttare, attraverso nuove unioni, il tesoretto formato dalle Dta, le imposte attive differite trasformabili in un credito fiscale.
Entro i primi dieci giorni del mese da Unicredit e dal suo amministratore delegato, Andrea Orcel (nella foto), dovrebbero arrivare degli aggiornamenti riguardo l’analisi condotta su Mps: la banca milanese, salvo proroghe della due diligence, si ritroverà a discutere con il ministero dell’Economia e delle Finanze il perimetro di Mps a cui è interessata e i restanti contorni dell’operazione. Fra le condizioni poste è prevista la neutralità per il capitale di Unicredit e la crescita dell’utile per azione.
Uno dei punti cruciali dell’operazione Unicredit-Mps riguarda la possibilità di sfruttare le Dta per trasformarle in credito d’imposta, considerato il loro valore: oltre 2 miliardi. Sul tema, in una bozza del Dl Sostegni bis, era stata proposta una proroga della scadenza attuale, prevista per il 31 dicembre, a metà 2022, per dare più tempo al consolidamento del sistema bancario. La norma, però, non è stata inserita nella versione finale del provvedimento.
Fondamentali sono le Dta, difatti è uno dei perni anche di altre operazioni che si sono concretizzate, un esempio è l’operazione relativa all’opa con cui Credit Agricole ha conquistato il Credito Valtellinese.
Il tempo a disposizione diminuisce e i consigli d’amministrazione degli istituti dovrebbero deliberare il via libera dell’operazione entro fine anno; comunque risulta un vantaggio, dato che la precedente normativa prevedeva che dovesse arrivare l’approvazione anche dalle assemblee. A meno che, ora che la pratica Mps sembra avviata a una risoluzione, il governo non riproponga un’estensione della finestra per sfruttare le Dta, magari nella legge di bilancio, ovvero dopo le elezioni di ottobre, prima delle quali sembra impossibile intervenire su un tema caldo come quello bancario.