«Oggi Tim è sia un incumbent sia una startup —, spiega l’amministratore delegato, Luigi Gubitosi. Il manager che da tre anni guida il gruppo di tlc ha avviato un profondo piano di trasformazione e il nuovo profilo dell’ex monopolista dei telefoni si inizia già a vedere —. Restiamo leader nella connettività e nell’infrastruttura ma abbiamo avviato e stiamo sviluppando attività per il mercato business e per la Pubblica Amministrazione nel cloud, nell’hedge computing, nella cybersecurity, nell’Internet of things e nell’intelligenza artificiale. Per il mercato consumer stiamo investendo su Tim Vision, con l’ultima novità del Campionato di Serie A in seguito all’acquisto dei diritti da parte di Dazn».
Cosa c’entra Tim con la tv?
«Ci stiamo adeguando a un trend inevitabile che nel mondo ha portato Netflix, Amazon Prime e Disney+ a guidare la trasformazione del mercato. Quest’anno la finale del Superbowl è stata vista da quasi 100 milioni di persone tra Tv via cavo e streaming. Questo cambiamento epocale sta avvenendo anche da noi e poiché la tecnologia non aspetta, Tim si sta velocemente adeguando ampliando l’offerta per cogliere una domanda in rapida crescita. Ovviamente parliamo solo di distribuzione di contenuti».
C’è ancora qualche scetticismo, si teme che la rete di Tim non regga.
«C’era anche durante il lockdown e le reti hanno retto senza problemi. Per il calcio siamo pronti: oltre a investimenti annui per circa 3 miliardi, abbiamo stanziato altri 70 milioni per rafforzare la rete e approntare una piattaforma di distribuzione multicast con cui potremo rispondere adeguatamente alla domanda, anche da parte dei clienti di altri operatori che vorranno vedere il calcio. Non siamo solo noi ad avere vantaggio dai nostri investimenti ma tutto il mercato. Non solo sul calcio, pensiamo al Cloud, che si sta diffondendo a grande velocità in tutto il mondo».
Sul Cloud che obiettivi ha? È interessato al Polo strategico nazionale?
«Siamo promotori in Italia della tecnologia Cloud. Noovle, nata dalla partnership tecnologica tra Tim e Google, è il primo centro di eccellenza per edge e cloud computing grazie alla più avanzata rete italiana di data center con cui offriamo servizi alle imprese, piccole e grandi, e alla Pubblica amministrazione. Tutto in massima sicurezza, localizzato in Italia e regolato da leggi italiane. Stiamo inoltre lavorando con Cdp e altri partner per elaborare un progetto per il Psn che riteniamo soddisferà le esigenze di modernizzazione, sicurezza, semplificazione e innovazione della Pubblica amministrazione».
Quanto pesano queste attività sul conto economico?
«Lo sviluppo di attività per i nuovi mercati è a buon punto e il peso sulla valutazione complessiva crescerà. Abbiamo creato delle factories dedicate ai nuovi business e nel 2023 ci attendiamo un fatturato di 1,5 miliardi, dai 700 milioni del 2020. Il mercato rimane tuttavia molto sfidante, con i prezzi più bassi d’Europa. Ci siamo dati l’obiettivo di stabilizzare il fatturato domestico nel 2021 e ci riusciremo. L’Ebitda quest’anno risentirà dell’avvio del calcio e del ritardato lancio dei voucher,che avrebbero ridotto qualche irrazionalità di mercato, ma si avvantaggerà nei prossimi anni della “startup” del calcio, dell’arrivo del Pnrr e più in generale del processo di trasformazione di Tim. Anche in Brasile, grazie alla prevista acquisizione con Vivo e Claro degli asset mobili di Oi la crescita accelererà».
Sono in arrivo i primi fondi del Pnrr, che tra le priorità ha la transizione digitale. Tim a cosa punta?
«Tim ha tutte le tecnologie e le competenze dunque può fare, e farà, molto per accelerare la transizione digitale. Abbiamo la rete 5G più veloce, secondo le ultime rilevazioni di Ookla, e continuiamo a investire sulla rete Ftth ampliando il divario con la concorrenza. Continueremo a investire anche sulla rete Fwa e siamo tra i primi operatori in Europa, unico in Italia, ad aver avviato un programma di sviluppo Open Ran in collaborazione con altri operatori europei per l’innovazione della rete mobile».
Sulla rete unica con Open Fiber invece non si muove nulla. Ha parlato con il nuovo amministratore delegato della Cassa depositi?
«I contatti con i nuovi vertici della Cdp sono ripresi, in un’ottica pragmatica e orientata a trovare la migliore soluzione per le aziende e per il Paese. È un fatto che la rete comune sia una grande opportunità per risparmiare ed è indiscutibile che l’utilizzo ottimale di strutture già esistenti darebbe certezze sul raggiungimento degli obiettivi di copertura al 2026 indicati dal ministro Colao».
E il governo che ne pensa?
«Credo che apprezzerà soluzioni che portano benefici. Immagino che il governo lascerà autonomia a Cdp come azionista di Open Fiber. Noi condividiamo pienamente la visione del governo di accelerare la digitalizzazione per trasformare il Paese. Collaboreremo in ogni modo per far sì che la transizione digitale si completi nel più breve tempo possibile».
Nel 2026 l’Italia sarà davvero connessa e digitale?
«Il Pnrr è un’occasione straordinaria, di quelle che si presentano una sola volta nella vita, per ridisegnare il Paese attraverso riforme e investimenti. L’importante è avere ben presente che le risorse pubbliche devono stimolare investimenti privati e non sostituirli».
E tra cinque anni Tim come sarà?
«Un tempo si diceva che Tim fosse un freno all’innovazione, oggi è il motore del cambiamento tecnologico del Paese. I dati rappresentano un’altra grande opportunità e Tim intende contribuire ad un utilizzo intelligente e sicuro da parte di tutti. Vogliamo essere il motore dell’innovazione tecnologica».
Federico De Rosa, Corriere.it