
Il Centro Nazionale Trapianti e l’Ospedale Niguarda di Milano hanno approvato il protocollo di sperimentazione clinica per trapianti di isole pancreatiche “in capsule”, da anni allo studio dei principali centri d’avanguardia della trapiantologia, con l’obiettivo di arrivare a una soluzione biologica per il diabete di tipo 1, che non necessita di terapie immunosoppressive per prevenire il rigetto d’organo. La sperimentazione, realizzata con il supporto della Fondazione Italiana Diabete onlus, messa in stand by dal Covid e ora pronta a partire, rappresenta un importante passo in avanti per la ricerca in ambito diabetologico, che potrà rivoluzionare la cura del diabete di tipo 1, malattia cronica autoimmune che interessa 250mila persone in Italia, soprattutto bambini e adolescenti, ma non solo. Questo – e molto altro – al centro del Manuale “Le prospettive future della cura del diabete mellito di tipo 1” realizzato dal Gruppo di Studio “Diabete tipo 1” dell’Associazione Medici Diabetologi, i cui dati saranno presentati il 18 e 19 giugno in occasione della seconda edizione del Congresso Nazionale AMD dedicato al diabete tipo 1 “Il diabete tipo 1 a 100 anni dalla scoperta dell’insulina”. Il Manuale ripercorre passato, presente e soprattutto il futuro della cura del diabete tipo 1: trapianti, terapie cellulari, cellule staminali e immunoterapie. Il trapianto di pancreas e il trapianto di isole pancreatiche rappresentano già oggi due opzioni terapeutiche concrete per chi soffre di diabete di tipo 1, che consentono di raggiungere un’ottimizzazione del compenso glicemico senza la necessità di iniettare l’insulina. I benefici per i pazienti riceventi di trapianto sono molteplici – controllo glicemico, del metabolismo glicidico, proteico e lipidico, rallentamento della progressione delle complicanze – e consentono un generale miglioramento della qualità di vita. Si tratta però di due opzioni terapeutiche riservate solo ad alcune categorie di pazienti con specifiche caratteristiche cliniche. “Il trapianto di pancreas, così come quello di insule pancreatiche, al di là dei benefici in termini di salute e qualità della vita, non possono essere propriamente definiti la cura definitiva per il diabete – spiega Federico Bertuzzi, membro del Gruppo di Studio AMD e ricercatore presso l’Ospedale Niguarda di Milano – perché impongono al paziente di seguire per tutta la durata del trapianto la terapia immunosoppressiva per scongiurare il rigetto dell’organo o del tessuto trapiantato. Per questo l’indicazione ad un trapianto viene data solo ad un numero molto selezionato di pazienti con diabete mellito di tipo 1 non responsivi alla terapia tradizionale, o già in terapia immunosoppressiva per altra patologia o trapianto.