Il nuovo ministro Franco sarà il “plenipotenziario” per riscrivere il piano italiano. Ma ora è una corsa contro il tempo

Il biglietto da visita di Mario Draghi agli altri leader europei, dopo che l’ex governatore della Bce ha incassato la fiducia alle camere, sarà lo scottante dossier del Recovery Fund. Una delle più gravose eredità dell’era giallorossa, con il governo Conte II che al momento della sua caduta ha presentato una bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) estremamente vaga e non ha saputo nemmeno sciogliere i nodi sulla sua effettiva gestione.
Ebbene, mentre il nuovo premier parlava alle Camere, passando tra una citazione di Cavour, un richiamo alla collocazione euroatlantica dell’Italia e un appello al rilancio di innovazione, scuola e sanità, le tecnostrutture incardinate nel quadro del governo erano già all’opera per sciogliere i nodi gestionali.
L’uomo chiave, in questo processo, sarà il nuovo ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco. Il nuovo titolare del Mef conosce a menadito il funzionamento della macchina organizzativa di Via XX Settembre, essendo stato Ragioniere generale dello Stato, e nel momento in cui si confrontava con i partner europei nel suo primo incontro dell’Ecofin e dell’Eurogruppo aveva già dato mandato ai funzionari del ministero per avanzare un processo di riscrittura e rilancio del Pnrr. Draghi al Senato ha ricordato che il governo selezionerà “progetti e iniziative coerenti con gli obiettivi strategici del programma, prestando grande attenzione alla loro fattibilità nell’arco dei sei anni del programma. Assicureremo inoltre che l’impulso occupazionale del Programma sia sufficientemente elevato in ciascuno dei sei anni, compreso il 2021”, avviando al contempo le necessarie riforme del fisco, della pubblica amministrazione e della giustizia.
Come ha scritto Franco Bechis su Italia Oggi, a tal proposito in Via XX Settembre già nella giornata del 17 febbraio diversi funzionari “si erano messi intorno a un tavolo iniziando a riscrivere per tutta la giornata quel PNRR del governo Conte di cui loro stessi si erano occupati, però con il solo compito di mettere insieme in modo che non cozzassero l’uno contro l’altro scritti sparsi che erano loro arrivati da Palazzo Chigi e dai vari altri ministeri”. Non certo una situazione delle migliori, visto che ballano miliardi con cui sarà possibile rilanciare l’Italia e soltanto se spesi bene. Soldi vincolati che, come confermato anche dal premier, potranno anche non essere universali, ma rivolti in particolare a settori produttivi in grado di riprendere subito il volo per evitare di rimanere intrappolati nella crisi. Il fatto di non essere stati in grado di scrivere bozze concordanti già prova che l’esecutivo giallorosso non fosse in linea con quanto sperato da molti economisti o dalla stessa Bruxelles.
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