Torino, Venezia, Genova e Cagliari sono le città metropolitane che in termini percentuali risentiranno di più delle conseguenze della pandemia, a causa della sofferenza di settori fondamentali nella loro economia (in ordine: automotive, turismo, trasporto marittimo e raffinazione petrolifera). Al contrario, Catania e Bari, ma anche Bologna e Milano (che però è la più colpita in valori assoluti), sembrano meno esposte alle perdite, sia in uno scenario soft senza ulteriori lockdown, sia in uno scenario hard con altri periodi di chiusura fino a fine anno. A dirlo è uno studio realizzato da Cerved per Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni italiani, in cui si monitora l’andamento di oltre 1.600 settori produttivi e si quantifica l’impatto del Covid-19 sulle imprese delle 14 città metropolitane italiane. Secondo Cerved, tra i principali operatori nella gestione del rischio di credito, le città metropolitane potrebbero subire nel prossimo biennio una perdita di fatturato dai 244 ai 320 miliardi di euro, quasi la metà del totale nazionale, a seconda dell’evoluzione del contagio e della “specializzazione” dell’economia locale. Nel caso soft, perderebbero quest’anno l’11,8% dei ricavi (un po’ meno della media italiana, -12,7%), con un rimbalzo nel 2021 del 10,2% che non riporterebbe però i fatturati ai livelli del 2019 (-2,8%); in quello hard, la caduta dei ricavi sarebbe maggiore (-16,4%), anche se sempre inferiore alla media (-18,0%), e con un gap più ampio rispetto al 2019 (-4,3%). Nel 2020 la città più colpita in termini percentuali (perché l’ordine cambia se invece si considerano i valori assoluti) risulta essere Torino, che registra un calo dei ricavi del 14,4% nel caso soft e del 20,2% in quello hard, seguita da Venezia (13,8% e 19,2%), Genova (12,5% e 17,9%) e Cagliari (12,4% e 18,2%), che alternano terzo e quarto posto in base allo scenario. Gli alberghi sono il settore più colpito anche a Messina (-0,2 miliardi) e figurano ai primi posti a Napoli (-0,7 miliardi) e a Cagliari (-0,1 miliardi), dove però vanno molto peggio l’automotive (-2,1 miliardi) e la raffinazione petrolifera (-1,5 miliardi).