Dal MIUR come in altre trenta piazze gli studenti tornano a manifestare per il diritto allo studio che in tempi di Covid si è fatto ancora più fragile. Fuori sede con genitori magari in cassa integrazione chiedono il blocco delle tasse e misure per limitare il caro affitti che in città come Roma o Milano arrivano a toccare 600 euro a stanza. Tasse, caro affitti, caro libri e molto altro da anni impediscono a migliaia di giovani l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione. I figli dei lavoratori e delle classi popolari sono da tempo vittime dell’università di classe, sempre più elitaria, che li esclude dal diritto allo studio e li priva della possibilità di potersi formare, spesso giustificando con la retorica di una finta meritocrazia le barriere economiche che ostacolano il diritto allo studio. “Perché è ora di dirlo che la didattica a distanza è stata un fallimento e ha penalizzato soprattutto le famiglie più povere” rivendica al microfono la leader degli studenti del Fronte della Gioventù Comunista, Flavia Lepizzera che mentre parla viene spesso interrotta dagli slogan “Noi la crisi non la paghiamo” e “le video lezioni sono un fallimento”. Continua questa giovane “chiediamo di tornare a scuola con tutti i protocolli sanitari, con classi di 15 studenti. Si può fare. Ma quello che abbiamo vissuto adesso è solo il risultato di anni di disinvestimenti. Vogliamo corsi di recupero seri e nessuna bocciatura. Non paghino gli studenti il fallimento del governo”. E così rimangono davanti al ministero con un lungo manifesto che recita “Bocciamo il ministro, non gli studenti”, proprio mentre la Ministra Azzolina impegnata al Senato ha dichiarato che la riapertura delle scuole a settembre è un obiettivo del governo.