Da oggi 16 aprile in tutta Italia scendono in campo nel supporto alla gestione dell’emergenza sanitaria i volontari che danno un aiuto concreto alle comunità
23mila volontari di nuovo al lavoro. Da oggi 16 aprile 2020, in tutta Italia, scendono in campo nel supporto alla gestione dell’emergenza i volontari del servizio civile che danno un aiuto concreto alle proprie comunità.
Il piano per la riattivazione dei progetti di servizio civile universale provvisoriamente sospesi a causa dell’emergenza Covid-19, annunciato lo scorso 30 marzo e reso operativo il 4 aprile scorso, ha dato i risultati auspicati: 23mila operatori che sono di nuovo in servizio attivo e altri che si aggiungeranno nei prossimi giorni.
Come chiarito dal ministro per le Politiche giovanili e lo sport Vincenzo Spadafora, nelle scorse settimane l’attività non si era comunque mai del tutto fermata in molte aree del territorio: dove c’erano condizioni e progetti già incentrati su interventi direttamente connessi alla gestione dell’emergenza, hanno continuato ad operare, anche nei giorni più complicati, oltre 3.200 volontari. Le loro storie sono state anche raccontate sui canali social del Dipartimento della Protezione civile con l’hashtag #noirestiamoconvoi.
Oggi sono quasi 13mila i giovani che riprendono le attività sospese così come erano essenzialmente previste nei progetti originari, mentre sono circa 10mila quelli impegnati in progetti rimodulati, per i quali loro stessi in molti casi hanno partecipato alla ridefinizione di obiettivi e attività.
Si tratta di interventi come il supporto ai comuni e ai centri operativi comunali di protezione civile al sostegno al sistema scolastico, la realizzazione di progetti educativi o culturali, ripensati alla luce delle nuove necessità dettate dall’emergenza, il cosiddetto “welfare leggero”, cioè interventi di assistenza alle persone anziane e ai soggetti più fragili in tutte quelle attività quotidiane per le quali non possono far fronte da sole in questo momento.
In concreto, i volontari sono impegnati nella consegna della spesa, dei farmaci, di pasti preparati, di libri o di altri beni di necessità, e anche nel fornire assistenza da remoto, ad esempio attraverso telefonate periodiche dedicate all’ascolto e al conforto delle persone più sole oppure gestendo servizi informativi per la cittadinanza. Sono circa 9mila i volontari che svolgeranno attività da remoto (il 41% del totale), a fronte di quasi 14mila che potranno operare sul campo o in modalità mista (rispettivamente il 31% e il 28%).
Del totale dei giovani del servizio civile oltre 4mila saranno impegnati presso sedi diverse rispetto a quelle previste nei progetti – perché magari non disponibili in questo frangente o meno funzionali alle attività da realizzare – e di questi 1.200 circa opereranno presso sedi di organizzazioni, enti, associazioni non iscritti all’albo del servizio civile ma che si sono “gemellate”, con l’obiettivo comune di fronteggiare al meglio la situazione di emergenza. In questo senso è stato preziosa la sinergia tra gli enti e il raccordo informativo ed operativo con Comuni, Regioni e Province Autonome.
Tra i 23mila volontari ci sono anche un centinaio di giovani che avevano scelto di svolgere il servizio civile all’estero e nei Corpi civili di pace e che, costretti a rientrare in Italia a causa dell’emergenza, hanno scelto di proseguire l’attività nel nostro Paese nei progetti rivisitati dagli enti. A loro si aggiungono un altro centinaio di giovani che invece hanno potuto trattenersi all’estero e oggi proseguono le proprie attività di servizio civile in altri Paesi.
Sono, invece, circa 6mila gli operatori volontari che devono necessariamente fermarsi in quanto gli enti presso cui operano sono stati costretti ad interrompere temporaneamente i propri progetti. Progetti che riprenderanno non appena ci saranno adeguate condizioni per ripartire, con i giovani che potranno recuperare il periodo di interruzione del servizio.
Quifinanza