La terribile notizia è rimbalzata dapprima dal sito americano Tmz, poi dagli altri media. In un incidente aereo è morto Kobe Bryant, 41 anni, uno dei più grandi giocatori di basket della storia. La tragedia è avvenuta in California, contea di Los Angeles: Bryant è precipitato a bordo del suo elicottero, lo stesso col quale era solito andare agli allenamenti quando giocava. Con lui sono deceduti il pilota del velivolo e altre otto persone, fra le quali la figlia Gianna, 13 anni, giocatrice di basket che il padre stava probabilmente accompagnando a un impegno sportivo. Non si conoscono ancora le cause della tragedia, ma alcuni testimoni hanno dichiarato di aver sentito, poco prima dello schianto, provenire un rumore insolito dall’elicottero Sikorsky S-76, come se il motore fosse in avaria. Nell’incidente non sarebbero invece rimaste coinvolte la moglie Vanessa né le altre tre figlie Natalia, Bianca e Capri. Tutti nomi italiani, perché Bryant amava moltissimo il nostro Paese, dov’era cresciuto cestisticamente – quando suo padre Joe Bryant era stato ottimo giocatore nella nostra Serie A a Rieti, Reggio Calabria, Pistoia, Reggio Emilia – prima di arrivare alla Nba direttamente dal liceo, senza passare per l’università. Fra i professionisti americani aveva giocato sempre nei Los Angeles Lakers e proprio la squadra californiana, dopo il suo ritiro nel 2016, aveva deciso, caso senza precedenti, di ritirare entrambe le maglie – la n. 8 e la n. 24 – che Kobe aveva indossato in 20 stagioni con i gialloviola, conquistando 5 titoli Nba. Aveva inoltre vinto 2 ori olimpici, a Pechino 2008 e Londra 2012, con la Nazionale Usa. Per una tragica ironia della sorte, poche ore prima del disastro aereo di ieri Bryant, come in un passaggio di testimone, si era congratulato sui social con LeBron James, il suo «erede» nei Lakers, che a Philadelphia lo aveva appena superato al 3º posto della classifica dei migliori realizzatori di sempre nella Nba, dietro a Kareem Abdul Jabbar e Karl Malone. «Grande rispetto per mio fratello King James», aveva twittato Kobe. Restano però innumerevoli i record stabiliti da Bryant nella sua incredibile carriera: il più giovane giocatore dell’All Star Game Nba (19 anni e 175 giorni) nel 1998; il più giovane a vincere la gara delle schiacciate, nel 1997; più tiri da 3 segnati in un tempo: 8 (nel 2003 contro Washington); più tiri liberi segnati in un quarto: 14 (nel 2005 contro Dallas); più tiri da 3 segnati negli All Star Game: 17; unico giocatore nella storia Nba ad aver segnato 60 punti nella sua ultima partita da professionista, il 13 aprile 2016 contro gli Utah Jazz. Bryant è stato inoltre il miglior marcatore della Nba nel 2006 e nel 2007, il miglior giocatore nella stagione regolare Nba 2008 e ancora nelle finali 2009 e 2010. Un fuoriclasse assoluto, dunque, che però aveva sempre mantenuto umiltà e simpatia per tutta la sua incredibile carriera.
Giorgio Viberti, La Stampa