L’acqua del rubinetto è responsabile ogni anno di un caso di cancro alla vescica su 20 in Europa. A lanciare l’allarme è stato uno studio condotto dall’Institute for Global Health di Barcellona, pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives. I ricercatori hanno collegato l’acqua che si usa per bere e per lavarsi a oltre 6.500 casi di malattia in 26 paesi del Vecchio Continente. Si ritiene che la causa sia l’esposizione a lungo termine a un gruppo di sostanze chimiche chiamate trialometani (THM). Le sostanze chimiche, risultate cancerogene negli studi sugli animali, che si formano come sottoprodotto quando l’acqua viene disinfettata con il cloro negli impianti. Ricerche precedenti hanno trovato un’associazione tra THM e cancro alla vescica, ma questo è il primo a stimare l’entità del problema. In particolare lo studio stima che il 9 per cento di questo tumori sia causato dall’esposizione all’acqua contaminata da THM. Il livello medio di trialometani è risultato di 11,7 microgrammi per litro. Il limite europeo per alcuni di questi è di 30 microgrammi per litro. La concentrazione di questi composti dipende da diversi fattori, come la temperatura e il pH. I paesi con i valori più bassi e quindi con lo zero per cento dei tumori alla vescica legati ai THM sono la Danimarca e i Paesi Bassi. A seguirli sono la Germania, la Lituania, l’Austria, la Slovenia, l’Italia e la Polonia. Le percentuali più alte sono state rilevata a Cipro, Malta e Irlanda. In particolare, il nostro paese ha un valore medio di THM di 3,1 microgrammi per litro e a questi sono attribuibili l’1,2 per cento dei casi di tumore. Quindi, si tratta di circa 330 casu sui quasi 30mila che si registrano ogni anno. Gli autori dello studio affermano che se i 13 paesi con le massime medie dovessero ridurre i loro livelli di THM alla media UE, si potrebbero evitare 2.868 casi di cancro alla vescica all’anno. “Negli ultimi 20 anni, sono stati fatti grandi sforzi per ridurre i livelli di trialometani in diversi paesi dell’Unione Europea, tra cui la Spagna”, afferma il co-autore dello studio Manolis Kogevinas, un ricercatore di ISGlobal. “Tuttavia, i livelli attuali in alcuni paesi potrebbero ancora comportare un notevole onere per il cancro alla vescica, che potrebbe essere evitato ottimizzando il trattamento delle acque, la disinfezione e le pratiche di distribuzione e altre misure”, conclude.