Da presidente del Consiglio tenne testa a Ronald Reagan durante la ‘crisi’ di Sigonella e a Margaret Thatcher nel vertice Europeo di Milano. Finì i suoi giorni solo, nella villa di Hammamet in Tunisia, dove si era ritirato dopo l’avvio delle inchieste di Mani Pulite. L’ex leader socialista, Bettino Craxi, divide ancora a vent’anni dalla morte. Forse nessun’altro uomo politico del secondo dopoguerra ha spaccato in modo così drastico l’opinione pubblica. Craxi nasce il 24 febbraio del 1934 a Milano, primogenito di Vittorio, avvocato antifascista e socialista. Durante la seconda guerra mondiale, i genitori decidono di mandarlo in un collegio cattolico a Cantù (Como), soprattutto per allontanarlo dai pericoli che la sua famiglia correva a causa dell’attività antifascista del padre. Dopo la liberazione Vittorio diventa viceprefetto di Milano e poi prefetto di Como. Bettino, che è ancora in collegio, arriva ad un passo dall’entrare in seminario. Qualche anno prima di morire, ricorderà così la vocazione per l’abito talare avuta da ragazzo: “Nella sacrestia della chiesa di San Giovanni in Laterano, a Milano, stavo per ore sull’inginocchiatoio a fissare un dipinto con il volto della Sindone. E Gesù a un certo punto apriva le palpebre e mi guardava”. Il suo ‘battesimo’ politico arriva nel 1948, quando fa propaganda per il padre che è candidato dal Psi nelle liste del Fronte Democratico Popolare. Vittorio non sarà eletto, ma questo non scoraggia il figlio che a 17 anni prende la sua prima tessera del Psi nella sezione di Lambrate a Milano. Si diploma al liceo classico e poi diventa uno dei protagonisti della politica universitaria. Contemporaneamente continua la sua carriera nel Psi e nel 1956 entra a far parte del comitato provinciale del partito milanese. In quell’anno l’Unione sovietica invade l’Ungheria e soffoca nel sangue la rivolta del popolo magiaro. I primi successi non tardano ad arrivare. Sempre nel 1956 è eletto consigliere comunale a Sant’Angelo Lodigiano (Comune di nascita della madre) e l’anno dopo entra nel comitato centrale del Psi, in rappresentanza della corrente autonomista del leader Pietro Nenni. Corrente chiamata così perché auspicava una maggiore autonomia politica del Psi dal Pci. Nel 1960 Craxi diventa assessore a Milano e tre anni dopo assume la guida della segreteria provinciale del partito. Nel 1968 arriva il grande salto nella politica nazionale. Viene eletto per la prima volta deputato con 23.788 preferenze nel collegio Milano-Pavia. Due anni più tardi, poco dopo il fallimento dell’unificazione Psi-Psdi, è nominato vicesegretario nazionale del Partito socialista. Carica che gli viene riconfermata nel 1972 con l’elezione di De Martino a segretario. Craxi si occupa delle relazioni estere e stringe legami con i leader socialisti europei come il tedesco Willy Brandt, il francese François Mitterrand e lo spagnolo Felipe González. Legami che coltiva fin quando diventa segretario del Psi, tanto che appoggia, anche finanziariamente, i partiti socialisti e i movimenti dei Paesi schiacciati sia dalle dittature comuniste che da quelle fasciste e militari. L’anno decisivo per la carriera di Craxi e per tutto il socialismo italiano è il 1976. Il Psi esce con le ossa rotte dalle elezioni anticipate, provocate dallo stesso De Martino, e i consensi scendono al 9,6%, il minimo storico. Il segretario si dimette e il 16 luglio il comitato centrale si riunisce per individuare il successore. I veti tra le correnti interne al partito bloccano le candidature più forti e si trova una soluzione di compromesso: Bettino Craxi segretario. Craxi diventa segretario nel 1976 e si dimette dalla carica nel 1993, ben 17 anni dopo. Bettino nomina tra i suoi collaboratori molte personalità nuove e giovani, dando vita a quella che nel Psi verrà chiamata la “rivoluzione dei 40enni”. Pensiona di fatto quasi tutta la vecchia guardia: qualcuno oggi magari avrebbe parlato di una “rottamazione”. Craxi svecchia il bagaglio ideologico del partito, mettendo il marxismo in soffitta e recuperando il pensiero socialista libertario e liberale che partiva da Proudhon e arrivava fino a Carlo Rosselli. Questo rinnovamento, assieme al fatto di essere il più grande oppositore del compromesso storico (l’alleanza Dc-Pci caldeggiata da Enrico Berlinguer), lo fa entrare in rotta di collisione con il Pci, scatenando aspre polemiche da entrambe le parti. Durante il sequestro Moro, nel 1978, Craxi è l’unico leader, assieme ad Amintore Fanfani e a Marco Pannella, che chiede una trattativa per la liberazione. Intanto viene cambiato anche il simbolo del Psi. Al posto della falce e martello sul libro con dietro il sole nascente, compare un garofano rosso, un simbolo che faceva parte della tradizione socialista prima della Rivoluzione bolscevica. Sempre in quell’anno, Bettino riesce a far eleggere presidente della Repubblica il socialista Sandro Pertini. L’anno dopo alle nuove elezioni il Partito socialista raccoglie il 9,8%. Non è un successo clamoroso, ma quanto meno è stata invertita la rotta verso il declino. Il nuovo Capo dello Stato gli affida un ‘mandato esplorativo’ per la formazione del governo, ma vista l’opposizione di Dc e Pci, il segretario del Psi rinuncia. L’appuntamento con Palazzo Chigi è però rimandato solo di qualche anno. Alle elezioni del 1983 il Psi ottiene l’11,4% e Craxi riesce a formare un governo. E’ il primo socialista italiano a diventare presidente del Consiglio. Il suo governo risulterà il più longevo della Prima Repubblica: 1.093 giorni (dal 4 agosto 1983 al primo agosto 1986). Tra i provvedimenti del governo Craxi ci sono: il Concordato con la Santa Sede; il taglio di 3 punti della ‘scala mobile’, che portò l’inflazione dal 12% al 5%; l’introduzione dell’obbligo dello scontrino fiscale per contrastare l’evasione; il cosiddetto ‘decreto Berlusconi’, che stabilì la legalità delle trasmissioni delle televisioni dei grandi network privati, dopo che alcuni pretori avevano oscurato i canali Fininvest. Ma l’episodio più noto, probabilmente, è quello relativo alla ‘crisi’ di Sigonella, base area Nato in Sicilia. I caccia americani avevano costretto ad atterrare lì un volo su cui c’erano quattro palestinesi accusati di aver sequestrato la nave da crociera italiana Achille Lauro, e ucciso un passeggero, Leon Glinghofer, ebreo e cittadino statunitense. Una volta fatto atterrare l’aereo, gli uomini della Delta Force statunitense lo circondano immediatamente armi in pugno. L’obiettivo era quello di catturare i palestinesi e portarli negli Usa per processarli. Craxi la vede diversamente: i reati sono stati commessi a bordo di una nave italiana, quindi in territorio italiano, ed è Roma a dover decidere se e chi estradare. Così invia i carabinieri, che circondano a loro volta i militari americani. Dopo una telefonata tra Craxi e Ronald Reagan, il presidente americano decide di far ritirare i propri uomini. Un altro duro scontro, il leader del Psi lo ebbe con il primo ministro britannico Thatcher. Al castello Sforzesco di Milano, il 28 e 29 giugno 1985, si svolge un vertice tra i capi di Stato e di governo della Comunità europea. A sorpresa il cancelliere tedesco Kohl presenta un nuovo progetto di trattato comunitario. Il presidente francese Mitterrand appoggia la proposta, mentre la Thatcher si oppone. Craxi decide allora di forzare la mano e fa passare a maggioranza la proposta di una conferenza intergovernativa, con il mandato di riformare i Trattati di Roma. E’ la miccia che accende il processo d’integrazione europeo. Da quella decisione, infatti, nasce l’Atto unico europeo, operativo dal primo luglio 1987, che porterà alla libera circolazione di merci e persone nel mercato interno a partire dal 1° gennaio 1993. Il primo governo a guida socialista termina il primo agosto del 1986, ed è seguito da un altro esecutivo Craxi fino al 18 aprile 1987. Una volta fuori dal governo, il leader del Psi torna ad occuparsi del partito come segretario e gli vengono conferiti diversi incarichi per conto delle Nazioni Unite. Le elezioni del 1987 premiano l’operato di Craxi al governo, con il Psi che passa dall’11,4% al 14,3% dei consensi. Il tramonto, però, è dietro l’angolo. L’inizio della fine arriva il 17 febbraio 1992, quando Mario Chiesa, esponente del Psi milanese con l’ambizione di diventare sindaco, viene arrestato per aver intascato una tangente. Un paio di settimane dopo al Tg3, Craxi commenta: “Una delle vittime di questa storia sono proprio io… Mi trovo davanti a un mariuolo che getta un’ombra su tutta l’immagine di un partito che a Milano, in 50 anni, non ha mai avuto un amministratore condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione”. Il 23 marzo Chiesa inizia a parlare, svelando il sistema di tangenti di cui era un ingranaggio. Alle elezioni il Psi scende dal 14,3 al 13,5%, è il primo calo dalle politiche dal 1976. Iniziano a fioccare gli avvisi di garanzia e Craxi il 3 luglio 1992 alla Camera pronuncia il suo celebre discorso in cui denuncia: “Fioriscono e si intrecciano casi di corruzione e di concussione, che come tali vanno definiti, trattati, provati e giudicati. E tuttavia, d’altra parte, ciò che bisogna dire e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare od illegale”. E ancora: “Non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro”. A dicembre del 1992 la Procura di Milano invia all’ex capo del governo un avviso di garanzia (il primo di una lunga serie) e l’11 febbraio 1993 Craxi si dimette dalla segreteria del Psi. Un paio di mesi dopo, quando la Camera respinge l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti, una folla di persone lo aspetta all’uscita dell’Hotel Rafael a Roma e lo bersaglia con le monetine. Nel 1994 non è ricandidato e cessa l’immunità parlamentare. Rischia l’arresto e ripara in Tunisia, nella sua villa di Hammamet. Nel frattempo la giustizia italiana lo processa e arrivano due condanne definitive, che però la Corte europea dei diritti dell’uomo criticherà in alcune parti. Ma questa parziale riabilitazione Bettino non farà in tempo a vederla, morirà ad Hammamet il 19 gennaio del 2000, a 65 anni.