Giocare non è ritenuto di per sé un atteggiamento peccaminoso, tuttavia nei secoli il clero si è più volte interrogato sull’opportunità dei preti che piagano scommesse
(di Cesare Lanza per LaVerità) Mi ha sempre incuriosito il rapporto intercorso, nei secoli, tra la Chiesa e il gioco d’azzardo. In particolare qualche e tempo fa, quando è annunciata una piccola moda, o una passioncella, per un video gioco incentrato sulla vita di Gesù Cristo. Qualcuno aveva pensato, immagino senza intenti blasfemi, che giocare a fare Gesù Cristo fosse divertente, ed è nato il videogioco: hanno sviluppato uno schema in cui si viveva in prima persona la vita del figlio di Dio. Io sono Gesù Cristo: per la prima volta il giocatore poteva indossare i suoi panni e rivivere i passi più significativi descritti nel Nuovo Testamento. Compresi i miracoli: guarire i malati imponendo le mani, moltiplicare i pesci, camminare sulle acque o salvare imbarcazione aggredite dalle tempeste e riportare il tempo sereno. Al momento del Battesimo il giocatore riceve in dono il potere dello Spirito Santo. Nel corso della partita si fronteggia il momento più drammatico della vita di Gesù, il cammino verso la crocifissione sul Monte del Calvario. E come ogni videogioco è previsto anche un combattimento contro il cattivo del gioco il Diavolo, determinato in tu ti i modi a far cadere in tentazione i giocatori. Il primo traile r del gioco, pubblicato anche su Youtube, ha scosso il Web e ha svelato le prime affascinanti novità di Io sono Gesù Cristo: immagini iper-realiistiche, un’ambientazione in cui i giocatori possono muoversi e agire liberamente, abilità speciali, combattimenti e ben 30 miracoli come sfide da portare a termine, per concludere l’esperienza di vivere come Gesù Cristo. Avere una nascita straordinaria, magari segnala da una stella o asteroide, camminare su una superficie non terrena, superare ostacoli con poteri quasi magici, fermare i cattivi e salvare i buoni. Tutte cose classiche, da supereroe, viste nei film e ancora ci più nei videogiochi. Se però l’eroe di turno è nato a Betlemme, ha camminato sulle acque del lago Tiberiade, ha moltiplicato pani e pesci a Cana, ed è poi morto sulla croce a Gerusalemme per salvare i buoni della Terra, allora le cose sono diverse! Anche se si sta in un videgame. La Chiesa si divida tra favorevoli e contrari, secondo quanto ha raccolto l’Adnkronos. «Vedo un lato molto positivo in questo nuora videogioco che può insegnare Gesù e la sua vita ai giovali attraverso un linguaggio loro vicino» sottolinea don Nicola De Biasio, parroco della parrocchia di San Modesto a Benevento «Può essere l’incarnazione del bene sul male», aggiunge, «in questo periodo è ancora meglio. Non lo trovo sacrilego. Io parto da un concetto: basta se ne parli, almeno qualcuno mette al centro Gesù. Prendiamo, ad esempio, le pubblicità del Natale: di tutto si parla tranne che del figlio di Dio. Le novità», spiega don Nicola, «non devono far paura. Anche quando uscì il musical Jesus Christ Superstar ci fu dissenso, poi ora lo danno anche nelle chiese. Tutti hanno paura del nuovo, e invece dovremmo aprirci».
La nostra rassegna sul gioco d’azzardo è intitolata All’inferno e ritorno. Indispensabile la domanda: per la Chiesa il gioco è un vizio, un peccato? Il Catechismo della Chiesa cattolica al n. 2413 dice: «I giochi d’azzardo (gioco delle carte, ecc.) o le scommesse non sono in sé stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù. Truccare le scommesse o barare nei giochi costituisce una mancanza grave, a meno che il danno causato sia tanto lieve da non poter essere ragionevolmente considerato significativo da parte di chi lo subisce». La considerazione che i giochi d’azzardo «non sono in sé stessi contrari alla giustizia», vuole probabilmente evitare una deriva rigoristica che finirebbe per mettere in difficoltà anche gli anziani che passano spesso il tempo giocando a carte o a tombola nei circoli parrocchiali. Questa premessa non deve mettere tuttavia in ombra quanto il Catechismo afferma di seguito, ovvero che le pratiche d’azzardo diventano moralmente inaccettabili allorché «privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui». E, purtroppo, come è noto questa non è una situazione infrequente: molte persone attraverso pratiche sia legali che clandestine finiscono per rovinate se stesse e danneggiare gravemente le proprie famiglie. Si pensi soltanto alla piaga dei videopoker e al danno sociale che l’introduzione di queste macchine ha prodotto, oppure alla realtà del gioco e delle scommesse online, forse ancora più insidiosa perché entra direttamente nelle case. Spesso questa piaga si esaspera nelle situazioni di grave miseria quando di fronte alle difficoltà le persone sono tentate di risolvere i propri problemi sfidando illusoriamente la sorte e impoverendosi ancora di più. Bisognerebbe non dimenticare mai la massima secondo la quale «si vince certamente al gioco quando si evita di giocare». C’è chi esprime un giudizio più severo considerando sempre riprovevole l’azzardo se vi si giochino somme significative, come accade normalmente nei casinò, anche nel caso in cui non vi sia alcun rischio di privarsi del necessario perché si è molto ricchi. Si tratta di uno schiaffo alla povertà: gettare deliberatamente al vento (nelle tasche di chi gestisce il gioco) ciò che avrebbe potuto essere donato ai più bisognosi o, comunque, investito per il bene comune. Don Enrico Chiavacci si spinge oltre e, nelle sue lezioni allo Studio teologico fiorentino, considera di per sé illecite tutte le scelte esclusivamente speculative, e fra queste il gioco d’azzardo, perché contrarie a quello che lui definiva «il primo precetto generale» per un’etica economica ispirata al Vangelo: «non cercare di arricchirti» E il Catechismo della Chiesa cattolica affronta un ulteriore gravissimo problema, quello della dipendenza: «La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù». Non è il caso della tombola degli anziani nei circoli ricreativi, ma è sicuramente il gioco dei videopoker e di altre analoghe «opportunità»).
Dunque, per rispondere alla domanda, il gioco d’azzardo non è sempre e necessariamente un peccato, ma può sicuramente esserlo quando offende la giustizia e la carità e quando costituisce una deliberata esposizione al rischio del vizio e della dipendenza patologica. In sintesi, la Chiesa cattolica non considera il gioco d’azzardo intrinsecamene negativo, secondo un documento della Conferenza Episcopale della Pennsylvania emanato quando lo Stato stava prendendo in considerazione la legalizzazione del gioco d’azzardo sulle imbarcazioni, negli anni Novanta. «Riconosciamo che il gioco d’azzardo debitamente controllato può avere aspetti positivi, come offrire un legittimo divertimento, generare fondi per cause accettabili e, in alcuni casi, promuovere le economie locali», si legge nel documento, che prosegue: «L’insegnamento tradizionale cattolico sostiene che il gioco d’azzardo è moralmente accettabile quando vengono soddisfatte tutte le condizioni seguenti: il denaro 0 i beni scommessi non sono necessari a sostenere la propria famiglia o a rispettare altri giusti doveri; la persona partecipa liberamente; le entrate derivanti dal gioco d’azzardo non vengono usate per finanziare alcuna azione illegale o immorale; il gioco d’azzardo viene operato in modo onesto e ogni partecipante ha la stessa possibilità di vincere o perdere». Anche la Catholic Encyclopedia indica che il gioco d’azzardo può essere un’attività neutrale finché si mantiene la giusta prospettiva. «A certe condizioni, e al di là di eccessi o scandali, non è peccato scommettere denaro in un gioco d’azzardo più di quanto lo sia assicurare i propri beni contro i rischi, o puntare sui futures nel mercato azionario», spiega. L’Enciclopédia espone poi 11 consistente insegnamento della Chiesa sul gioco d’azzardo, sottolineando che il diritto canonico aveva originariamente bandito la pratica. Il IV Concilio Lateranense, nel 1215, proibiva ai chierici di giocare o di assistere a giochi d’azzardo. «Alcune autorità, come Aubespine, hanno cercato di spiegare la severità degli antichi canoni nei confronti del gioco d’azzardo supponendo che spesso nella pratica le fosse collegata l’idolatria», spiega la Catholic Encyclopedia. «Le cose che venivano giocate erano idoli di piccole dimensioni, o immagini degli dèi, che venivano invocati dai giocatori per ottenere buona fortuna. Tuttavia, come sottolinea Benedetto XIV, era difficile che fosse vero, visto che in quel caso le pene sarebbero state ancor più severe». Sull’onda del Concilio di Trento, ad ogni modo, si riscontra un allentamento del divieto generale. Il Concilio cinquecentesco ordinò che tutti gli antichi canoni sulla questione dovessero essere osservati, ma papa Benedetto XIV lasciò ai giudici il compito di decidere quali giochi dovessero essere considerati fuorilegge in base alle circostanze relative alla persona, al tempo e al luogo.
San Carlo Borromeo stilò poi una lista di giochi proibiti al clero e un’altra di quelli permessi. «Tra quelli proibiti c’erano non solo il gioco dei dadi in varie forme, ma anche giochi simili al croquet e al football», afferma l ‘Encyclopedia, pubblicata originariamente nel 1913. «Altri concili hanno dichiarato che giocare a dadi e a carte era indecoroso e proibito ai chierici, e in generale erano proibiti tutti i giochi indecorosi per lo stato clericale». Il concilio di Aix del 1585 proibiva ai chierici di giocare a carte, dadi o qualsiasi altro gioco del genere, e perfino di assistervi. Un altro concilio svoltosi a Narbonne nel 1609 decretò che i chierici non dovevano giocare a carte, a dadi e a qualsiasi altro gioco illegale e indecoroso, specialmente in pubblico. Un concilio svoltosi a Bordeaux nel 1583 decretò che il clero si doveva astenere totalmente dal giocare in pubblico o in privato a dadi, carte o qualsiasi altro gioco proibito e indecoroso. Al giorno d’oggi si considera che il diritto ecclesiastico proibisca il gioco d’azzardo, anche al clero, solo quando in sé o per qualche ragione estrinseca, come la perdita di tempo o lo scandalo, è proibito dalla legge naturale. Il gioco d’azzardo è la quinta industria italiana, la prima per ritmi di crescita, movimenta qualcosa come il 2% del Pil. Ed è un fenomeno che sta crescendo, grazie a lotterie, slot machines, giochi online, scommesse e le decine di altre offerte dei concessionari dei Monopoli di Stato. La grande maggioranza degli italiani gioca. Il gioco d’azzardo è diventato in Italia una vera e propria industria che permette di rimpinguare le casse dello Stato. Cosa potrei aggiungere? Forse questo aforisma di George Bernard Shaw: «L’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare».